Marco Focchi Ampliamento del discorso tenuto su piattaforma zoom il 22 settembre 2020 per il Centro Heta di Ancona Ha preso sempre più spazio, nei nostri discorsi clinici, il riferimento al reale. Parliamo di un inconscio reale, del reale del godimento, del reale del trauma, ma spesso sembra che quel che intendiamo con questo termine ci scivoli dalle dita, e che per quanto sia diventato ormai caratterizzante del nostro lessico, non sempre ne abbiamo un’idea precisa. Sull’argomento ritorna Jacques-Alain Miller nella parte finale del suo insegnamento. “Che cos’è, in fin dei conti, il reale?”, si domanda a un certo punto nel corso L’uno-da-solo (pag.19). Direi che nel suo insieme il corso potrebbe andare sotto l’insegna di questa domanda.
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Il desiderio è il desiderio di un oggetto che viene sempre inseguito e che sfugge sempre. Così, almeno, è nel contesto edipico, che Lacan formalizza come metafora paterna. Ma Lacan non si ferma a questo. L'oggetto che provoca il desiderio non è un oggetto da perseguire, ma un oggetto che spinge il soggetto, che provoca il desiderio. Ecco, quindi, l'orizzonte si allarga. L'immagine del fantasma delinea un orizzonte multiplo, che ha in sé, come ha detto Miller, le condizioni di un al di là dell'Edipo. Cercheremo quindi di esplorare il desiderio in questo nuovo contesto e in questa nuova definizione. Video tratto dal seminario del Campo Freudiano di Granada. 11 marzo 2016.Intervento presso la NEL (Nueva Escuela Lacaniana) tenuto via web il 27 giugno 2020. Marco Focchi Capita che alcuni pazienti vengano in seduta lamentando qualche difficoltà della loro vita, aggiungendo però che sembra loro strano trovarsi con questo problema: hanno avuto una famiglia normale, dicono, non hanno subìto traumi, né ci sono particolari conflitti che possano ricordare. Se li si invita tuttavia a rievocare i primi esordi del problema che lamentano, il più delle volte si risale all’inizio dell’adolescenza, nelle prima fasi della soglia che segna l’uscita dall’infanzia. L’adolescenza – è la tesi che vorrei proporre – può essere considerata in effetti un tempo di passaggio più che una fase, la soglia d’uscita dall’infanzia, una soglia che Lacan colloca in un elenco costituito da una successione di momenti di crisi: “Svezzamento, intrusione, Edipo, pubertà, adolescenza, ciascuna della quali [crisi] rifà una nuova sintesi degli apparati dell’Io in forma sempre più alienante per le pulsioni che vengono così frustrate, e sempre meno ideale per quelle che trovano qui la loro via di normalizzazione” (Introduzione teorica alle funzioni della psicoanalisi in criminologia; Lacan, Cénac, 1950). All’inizio degli anni Cinquanta Lacan sta sviluppando una clinica propriamente hegeliana, e la forma a cui si riferisce è quella del processo tesi-antitesi-sintesi, la cui causa Lacan riconosce in quello che all'epoca considera come uno tra i fenomeni più fondamentali scoperti dalla psicoanalisi, cioè l’identificazione. Marco Focchi Intervento tenuto il 14 giugno 2020 nell'ambito del ciclo La pratica analitica organizzato via web dalla Scuola lacaniana di psicoanalisi. Il tema La presenza dell’analista, proposto per questo incontro nell’ambito del ciclo La pratica analitica, si presta particolarmente bene per affrontare gli interrogativi sorti nella fase di serrata – vissuta in questi mesi per via dell’emergenza sanitaria – che ha costretto la maggior parte di noi a proseguire i trattamenti attraverso internet o per telefono, evitando per l’appunto gli incontri in presenza. I trattamenti da remoto Sul problema dei trattamenti da remoto si è aperto ora un importante dibattito in cui si sono espresse diversi punti di vista sui social, sui blog, su tutti i nostri canali di scambio e di contatto via web. Le posizioni sono state le più diverse, spesso in contrasto tra loro anche se tutte legittime. Ritengo che per il momento si tratti di opinioni in cui si riflettono per un verso le inclinazioni soggettive di ciascuno, per altro verso le esperienze personali fatte durante il periodo di confinamento. La logica del quadro analitico in quanto tale può emergere solo dal dibattito stesso, attraverso una dialettica e un confronto che si prospetta promettente per la nostra pratica. Un punto interessante mi sembra sia stato posto dal testo di Matteo Bonazzi uscito nel n° 6 di Rete Lacan, dove Bonazzi fa una distinzione tra forma e discorso e considera che la struttura del discorso analitico può presentarsi empiricamente in diverse forme, legate a diverse contingenze, una delle quali è senz’altro quella che stiamo vivendo. Da questo punto di vista si tratta di mettere in discussione anche il termine presenza, che non può più essere dato per scontato in seguito al vaglio che ha subito nel pensiero del Novecento, dopo Husserl, Heidegger, Derrida. Web conference tenuta per l'Istituto superiore di Studi Freudiani Jacques Lacan - Sezione di Napoli, il 9 maggio 2020 Marco Focchi A partire dagli anni Settanta Lacan, per indicare la logica in cui si ripartiscono le posizioni sessuali maschile e femminile, comincia a utilizzare il termine sexuation. Si tratta di una parola insolita, non in uso nel francese, un vero e proprio neologismo. Naturalmente siamo abituati alle stranezze linguistiche che pullulano nel modo di esprimersi di Lacan. A volte si tratta di giochi di parole, altre volte di mot-valise, le parole macedonia – come si esprimeva Bruno Migliorini – che condensano un concetto in una fusione verbale di diversi termini, o altre volte ancora di intrecci di suoni, come nel titolo Les non-dupes errent, omofono a Les noms du Père. Con il termine sessuazione non c’è niente d tutto questo: non è né un divertissement verbale, né un conglomerato di suoni destinato a veicolare un concetto. Si tratta semplicemente di una nuova denominazione, e nel cammino del pensiero le nuove denominazioni sono in genere destinate a esprimere concetti non è ancora apparsi all’orizzonte, che manifestano una nuova piega, un risvolto inedito del pensiero. Se prendiamo il tema della sessualità, tuttavia, vediamo che nella storia della psicoanalisi si pone fin dall’inizio, e fa quindi parte pregnante della sua tradizione, essendo al tempo stesso quanto vi è in essa di più rivoluzionario. Possiamo senz’altro infatti dire che per molti versi la rivoluzione sessuale del Novecento è figlia di Freud, soprattutto perché nel pensiero psicoanalitico la sessualità è stata sin dall’inizio riconsiderata e riformulata da cima a fondo. È Freud il primo a considerare che il destino soggettivo e l’anatomia possano prendere cammini differenti che possono essere benissimo divergenti. Il pensiero di Freud amplia il campo di quel che consideriamo abitualmente come sessualità, estendendolo rispetto a quel che possiamo includere in base all’evidenza empirica, e facendo della sessualità quel che Marx ha fatto dell’economia: un motore delle azioni umane. Marco Focchi Il comico è senz’altro un modo di uscire dal conflitto tragico che imprigiona il nevrotico: quando riusciamo ad alleggerire la pesantezza delle tensioni contrastanti in cui è preso il soggetto, abbiamo sciolto dalle catene la sua libido che affiora quindi sgorgando nel riso. Se nel tragico l’eroe lotta contro l’ostacolo e soccombe, nel comico il protagonista vi inciampa, ma si rialza sempre, e le mille disavventure in cui incorre non lo scoraggiano si afferma in lui una vitalità che le catene del significante non riescono a mortificare: c’è sempre infatti un mezzo per eluderle, per giocarle, per metterle in burla. Il gioco di parole è anche un modo di farsi gioco della mortificazione imposta dal significante. Diversi colleghi e allievi mi hanno chiesto una traduzione della conversazione tenuta in spagnolo il 14 aprile 2020 con Luis Dario Salamone. La pubblico ora, dopo che è uscita su Facebook il 27 aprile Conversazione di Luis Dario Salamone con Marco Focchi Luis Salamone. Molti mi hanno chiesto di parlare con alcuni analisti del Campo freudiano. Marco Focchi è membro AME dell’SLP nel Campo freudiano. Poiché alcuni argentini, discendenti di italiani, mi hanno proposto di parlare con qualcuno dall’Italia, e ho pensato di parlare con te Marco. Come stai? Marco Focchi. È una domanda che in questo momento non è retorica. Oggi a Milano e in Lombardia siamo nell’occhio del ciclone, e dobbiamo adattarci, dobbiamo un po’ farci l’abitudine. Per questo non è solo una forma di cortesia chiedere in queste zone: “Come stai?”, perché sono le aree del mondo in cui si registrano il maggior numero di contagi e di decessi da coronavirus. È un problema enorme. Questo lo sai già, lo si sa, lo si legge nei giornali. Vederlo però è diverso. Io abito in una zona di Milano, i Navigli, solitamente molto affollata perché è il centro della movida cittadina, ed è sempre piena di movimento e di gente. Milano è nota come una città che non dorme mai, come New York. In questi giorni invece è un deserto, è una città deserta, è Milano-deserto deli tartari Dovremo trovare qualche soluzione per questo che non sarà solo un momento, perché durerà. Si parla di un anno. Vedremo. Intanto inizieremo i corsi dell’Istituto freudiano su Skype, come si fa anche nelle università. L’aspetto della città è assolutamente impressionante: da settimane tutto si è fermato, anche con i pazienti. Alcuni analisti, come me, già avevano una pratica di colloqui online, perché ci sono stranieri che chiedono controlli, o italiani che vivono all'estero e che vogliono fare un'analisi nella loro lingua. Già da tempo diverse persone mi hanno contattato per questo su Skype. È un mezzo quindi che ho già usato, oltre alle sedute che faccio in studio. Ora però c’è solo questo mezzo. Non tutti eravamo preparati a questo, e certamente c’è una differenza. Noi milanesi della SLP ci siamo incontrati qualche giorno fa via Skype per discuterne. Si sono espresse le posizioni più diverse, e senz’altro tutte rispettabili. Alcuni per esempio consideravano che non è possibile svolgere un’analisi online. RSI - Radiotelevisione Svizzera - 17 aprile 2020 - L'INCONSCIO SULLE BARRICATE Intervento del Dott. Marco Focchi “L’immaginazione al potere!” “Prendete i vostri desideri per realtà!”, non furono solo espressioni della volontà di épater les bourgeois della generazione che accese la miccia del ’68 parigino, ma significarono anche la precisa consapevolezza nel movimento di allora, del fatto che, qualsiasi ipotesi di rivoluzione sociale, dovesse iniziare prima di tutto da una rivoluzione interiore capace di scardinare i gangli che l’omologazione culturale e sociale imponeva agli individui e, conseguentemente, alla società. Tale consapevolezza fu l’esito anche della diffusione tra i giovani di un’interdisciplinarietà culturale che aveva tra le molte linee portanti anche l’incontro tra le teorie psicanalitiche e il marxismo. Com’è noto, il libertarismo della prima ondata di “dissidenza giovanile” (come la chiamò lo psicanalista italiano Elvio Facchinelli), che metteva al centro del proprio percorso l’antiautoritarismo, la riscoperta di sé, la sessualità “liberata”, lasciò presto il posto a un irrigidimento dogmatico, riconoscibile in gran parte dei gruppi extraparlamentari che, soprattutto in Italia, si svilupparono negli anni successivi. L’apporto di quella stagione libertaria però non si esaurì con la “fine del Maggio” e il trionfo del dogmatismo: lo slogan “Il privato è politico”, che il movimento femminista diffuse a partire dai primi anni Settanta, fu una delle dimostrazioni più evidenti. Di questi temi, Romano Giuffrida ne ha parlato con lo psicanalista lacaniano Marco Focchi e con Lea Melandri, una delle figure più rappresentative del femminismo italiano, che, tra l’altro, fu diretta collaboratrice dello psicanalista Elvio Facchinelli nel fondare la rivista “L’erba voglio”, principale strumento di riflessione e di dibattito sui temi dell’antiautoritarismo e della psicanalisi di quegli anni.
Link all'articolo originale sul sito di RSI Marco Focchi C’è un’immagine che gira per la rete, distribuita all’origine da Reuters, agenzia di stampa britannica, e realizzata da Alissa Eckert e Dan Higgings. La si trova facilmente su internet inserendo su Google il suo codice: #23312. È stata creata per l’agenzia statunitense Center for Disease Control (CDC). Il Corriere della sera del 30 gennaio la presenta con questo titolo: “Coronavirus, svelato il vero aspetto del virus 2019-nCoV”. |
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Aprile 2024
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