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Il buon uso dell'inconscio

Conferenze, seminari, interventi e testi del dott. Marco Focchi
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Perché una donna si concede a un uomo?

26/6/2025

1 Comment

 
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Testo in preparazione del Congresso dell'Associazione mondiale di psicoanalisi dal titolo Non c'è rapporto sessuale, che avrà luogo a Parigi nell'aprile 2026

Marco Focchi

Vorrei partire da un riferimento alla clinica. Capita spesso nelle analisi di sentire le pazienti lamentarsi dei loro partner per la sbrigatività con cui saltano i preliminari e per il modo frettoloso con cui passano alla fase conclusiva dell’atto sessuale. Non ne fanno un problema di tempi o di durata, ma una questione di metodo, cioè di approccio: è il modo di avvicinarsi che trovano riduttivo e poco invitante. Non c’è nulla di meglio che ascoltare le donne per capire alcuni aspetti del godimento fallico e in particolare il suo carattere limitato, localizzato, discreto e computabile. A fronte della sua natura puntiforme, focalizzata, chiaramente circoscrivibile, il godimento femminile si perde in contorni vaghi, difficilmente individuabili, non definiti da un significante preciso, tanto che il modo in cui primariamente si presenta è quello dell’enigma: cosa vuole una donna? Il che può tradursi: cosa spinge una donna – intendiamo una donna la cui scelta erotica non si inscriva elettivamente nella funzione fallica – cosa la spinge ad andare a letto con un uomo? Cosa giustifica la sua presenza nella relazione sessuale? Cosa la porta a offrirsi come oggetto del godimento maschile?

Quest’esigenza di preliminari così spesso rivendicata e così raramente soddisfatta, cosa indica? Può essere una traccia per interpretare la posizione erotica femminile?
A cosa devono preludere questi preliminari? Sono il corridoio che conduce a quale stanza segreta? Sono la chiave d’accesso a quale dimensione dell’erotismo che la precipitosità maschile si lascerebbe sfuggire? Tutte queste domande vanno poste a una donna.
Se ascoltiamo quanto ne dice Lou Salomé – che scoprì le gioie dell’erotismo in età non verdissima, e forse proprio per questo volle assaporarle fino in fondo – per la donna non vi è, in senso stretto, un semplice piacere preliminare, perché non vi è nulla di provvisorio durante l’erotico. “Il femminile – scrive – deve essere definito come quel qualcosa che con il solo dito mignolo ha già tutto il braccio, non volendo significare un ascetico contentarsi, anzi, dato che già il minimo apre spazio alla tenerezza di viversi completamente in esso, abbracciando con il minimo la totalità della sfera amorosa”
Lou Salomé ha il concetto di una compiutezza femminile dove il piacere finale – come idea opposta al piacere preliminare –  a causa della sua espressione puramente corporea, esporrebbe la donna all’incompletezza.
Per definire la posizione femminile, sulla scia di Lacan, siamo abituati a riferirci alla logica del non tutto, e la nozione di una totalità femminile che rischia di disgregarsi al sopraggiungere dell’orgasmo può suonare ai nostri orecchi piuttosto insolita. Se invece ci riflettiamo un istante quel che dice Salomé non è poi così strano, almeno per noi: ci parla infatti di un godimento senza alcun contrassegno significante che si annulla cadendo sotto il marchio fallico. Quel che lei chiama “compiutezza femminile” noi lo diremmo un godimento su cui la castrazione non incide la parzialità dell’oggetto. Non una totalità certo, ma qualcosa di totalmente sottratto al linguaggio   
Qui bisogna un po’ fissare il vocabolario, dato che i termini impiegati dalla Salomé sono quelli abituali, ma la loro accezione è diversa. Soprattutto importante è circoscrivere il senso dell’opposizione tra piacere preliminare e piacere finale. Questo, come sappiamo, è lessico freudiano, e ricorre per la prima volta nei Tre saggi. Secondo Freud sul piacere preliminare bisogna passare rapidamente, senza indugiarvi. Giacché le sue fonti sono nella sessualità infantile, possono prodursi fissazioni di carattere perverso che distolgono dalla meta finale dell’atto sessuale. In altri termini: per Freud il rischio è di incagliarsi sul piacere preliminare; per Salomé è il piacere finale che può mettere a repentaglio la dimensione già in sé di pieno appagamento del piacere preliminare.
Notiamo però che Freud consiglia di assumere proprio l’atteggiamento che le pazienti di cui dicevo lamentano nei loro partner; Lou suggerisce di non lasciarsi trascinare nella spicciativa banalità dell’orgasmo che Sigmund indica come unica salutare profilassi sessuale per l’uomo. Una cosa è chiara: Lou e Sigmund su questo argomento non si capiscono. Lui non sa cosa lei cerchi con questa storia dei preliminari senza conclusione, e quindi senza capo né coda; lei invece sa benissimo cosa vuole lui, ma non ci sta, non le va bene. Sono l’immagine perfetta di cosa l’uomo e la donna cercano l’uno dall’altra nel sesso senza trovare un’intesa. Nulla meglio di questo opaco dialogo intersessuale mostra la concretezza dell’assioma di Lacan “non c’è rapporto sessuale”
Sto caricaturando naturalmente: Freud sa benissimo di cosa sta parlando, e Lou Salomé, tra le psicoanaliste della prima generazione, è forse quella che, attraverso un linguaggio non sempre trasparente, ma che sa aprirsi su schiarite concettuali illuminanti, meglio di altre ha saputo far cogliere la parte oscura e muta del godimento femminile.
Si può anche, in questo caso, individuare dove cade l’equivoco nel dialogo. Non per eliminarlo, ma per indicare il punto di non rapporto, per cogliere dove viene meno l’intesa.
Il dissenso verte sul piacere preliminare. Quando Freud ne parla nei Tre saggi lo considera dal punto di vista del desiderio maschile, mettendone in luce la struttura perversa. Lo fa in modo consapevolmente unilaterale, ammettendo con franchezza che se il desiderio maschile si presta all’indagine scientifica, quello femminile resta oscuro, e su di esso riconosce di non poter dire gran che.
Il problema è che la struttura perversa del desiderio è proprio ciò che non appartiene al versante femminile, e Lou Salomé lo segnala senza equivoco. Mentre nel desiderio maschile vede infatti  lo sforzo di correlarsi con quel che nel nostro linguaggio chiameremmo l’oggetto a minuscola – vede cioè la relazione tra il soggetto desiderante e l’oggetto illustrata dalla formula del fantasma – nel femminile considera come la struttura del desiderio non sia incentrata sulla struttura perversa, e la meta per esso consiste “nel suo indugiare, nel completare”. Il desiderio maschile è così definito da una fuga metonimica che in un numero definito di passi lo conduce in un climax risolto dall’orgasmo. Il desiderio femminile non converge verso un acme risolutivo ma si diffonde in un indugiare senza limite, in un lasciarsi essere offerto al godimento maschile e in un voler godere per emulazione. Rispetto a questo indugiare senza limite il desiderio maschile è comunque troppo breve, prescindendo da ogni durata.
Troviamo nell’infinito intrattenersi in sé del godimento femminile una struttura che Freud ha tuttavia riconosciuto, e che ha formulato nel saggio sul Tabù della verginità. E’ lì che parla dell’unfertige Sexualität des Weibes, dell’impreparazione sessuale della donna. Alla luce del confronto con il godimento fallico credo possiamo tradurre questo termine “impreparazione” con quello di “inaccessibilità”. Il problema è che il godimento femminile è inaccessibile al godimento fallico, e il fatto di ricondurlo a esso ha sempre un carattere forzato, che suscita lo spettro della violenza e dello stupro. Rompere gli indugi significa un’effrazione, un salto, il costringere a una discontinuità, a far uscire da sé quel che Lacan definisce come un godimento avviluppato nella propria contiguità. Ed è ciò che, secondo Freud, una donna a un uomo non perdona.
1 Comment
Monica
30/6/2025 03:09:00 pm

Grazie Marco, sei sempre bravissimo e molto preciso

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