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Il buon uso dell'inconscio

Conferenze, seminari, interventi e testi del dott. Marco Focchi
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Dovunque altrove - capitolo nono

28/3/2025

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DOVUNQUE ALTROVE
I topoi freudiani e il problema del soggetto nel pensiero psicanalitico
 
​Amelia Barbui e Marco Focchi

Capitolo nono
LO SCHEMA TEMPORALE DELLA RIPETIZIONE

​La sublimazione, che abbiamo definito in base all‘inversione del sintomo nella fantasia, deve essere ora posta in relazione con gli altri elementi che la specificano come particolare forma d‘atto. A tale scopo occorre riprendere il quadrato, costruito a partire dal gruppo di Klein in base alle operazioni di alienazione e di verità, che nei capitoli precedenti ci è servito per articolare la struttura soggettiva nella divisione tra l‘io dell‘alienazione e il soggetto dell‘inconscio. La ripetizione nevrotica non fa che tornare su questa divisione tentando invano di suturarla in quanto le sue due componenti non possono aver luogo simultaneamente. Nella situazione analitica siamo tuttavia in grado di realizzare una forzatura temporale che, senza saldarle, mette in correlazione le due parti della divisione soggettiva.

Ripetizione originaria e ripetizione nevrotica

Prendendo come punto di partenza la condizione della ripetizione in analisi, si può ora utilizzare il quadrato per mostrarne gli esiti possibili, anche in questo caso relativi alle operazioni di alienazione e di verità. Diversamente dalla precedente costruzione, che definisce la topologia del soggetto, il nuovo quadrato è uno schema temporale che ha all‘origine la ripetizione come atto fondante il soggetto nella propria divisione.
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Al cuore della ripetizione vi è sempre un insuccesso. Come principio che dirige il campo soggettivo, essa è mossa infatti dall‘obiettivo di riacquistare il godimento mitico, perduto irreversibilmente con l‘accesso al linguaggio. I significanti della domanda inconscia articolati nella pulsione si ripetono, ruotando intorno a un interrogativo sull‘essere. Nel momento della scelta alienante il soggetto ha perso infatti una porzione d‘essere, e la ripetizione lo riconduce costantemente all‘appuntamento mancato in cui si è ritirato il godimento. Il fatto che l‘analisi porti a compimento la ripetizione nevrotica significa, in un certo senso, che ne realizza l‘insuccesso. Quel che non è accaduto come appuntamento mancato, si rivela impossibile quando il soggetto è reso presente alla propria divisione.

Il passaggio all‘atto

Una particolare via di realizzazione soggettiva è la radicalizzazione del non penso nel rigetto dell‘inconscio. E ‘la modalità del passaggio all‘atto, formulabile «non penso, agisco», cui corrisponde «non ne voglio sapere del sapere inconscio».
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Il passaggio all‘atto consegue alla scelta forzata, spingendo l‘alienazione al parossismo nell‘eliminazione dell‘Altro. Assistiamo così al tentativo di realizzare il fantasma che catapulta il soggetto fuori dalla rappresentazione. L‘annullamento dell‘Altro fa cadere lo schermo immaginario i(a), e il soggetto stesso si fa oggetto del fantasma, diviene ciò che desidera. Il passaggio all‘atto corrisponde all‘uscita dalla scena fantasmatica verso il reale.
Un esempio classico è fornito da Freud nella descrizione del caso della giovane omosessuale. Quando il fantasma, in cui si rappresenta mascherato il desiderio di avere un bambino dal padre, si scompensa, si realizza il passaggio all‘atto che culmina nel tentativo di suicidio. Sulla scena fantasmatica i personaggi non svolgono più il ruolo assegnato loro dalla ragazza, lo schermo immaginario cade. Il soggetto, non avendo più soluzioni possibili sul piano della rappresentazione, imbocca la sola via d‘uscita praticabile: agire nel reale.
Costretta nella posizione d‘oggetto, la giovane omosessuale diventa il bambino del proprio fantasma e niederkommt, si butta nel fossato della metropolitana. Ma, come spiega Freud, niederkommen, significa tanto «buttarsi giù» quanto «partorire». Con tale gesto diventa così il bambino che avrebbe voluto partorire per il padre. La scena edipica, mascherata nella sceneggiatura del fantasma, si realizza ma fuori scena, in quanto la rappresentazione ha esaurito le proprie possibilità.


Acting-out

Nell‘angolo in basso a destra, come nel quadrato precedente, trova posto la scelta che il soggetto non può fare coscientemente e si manifesta la verità che può essere ripresa solo sul piano analitico. Il soggetto agisce senza sapere cosa fa, recita un copione che non è suo e che proviene dall‘Altro, esattamente come nelle formazioni dell‘inconscio.
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​Diversamente dalla precedente, questa forma dell‘agire soggettivo si presta alla decifrazione ed è inclusa nel campo del transfert.
L‘acting-out è dunque una modalità di ripetizione che esibisce, all‘insaputa del soggetto, una verità inscenata per l‘analista e che può essere ripresa dall‘interpretazione.


Topologia e tempo

Come dicevamo all‘inizio, il primo quadrato mostra la topologia del soggetto, il secondo ne dà la struttura temporale.

Topologia e tempo, per Lacan, sono dimensioni tra loro articolate. Il punto di partenza dello schema temporale è illustrato più chiaramente in alcune figure topologiche che ora prenderemo in esame.
La ripetizione, infatti, viene definita da Lacan in base al doppio giro del bordo di un nastro di Möbius, a cui equivale l‘atto fondatore del soggetto diviso.
Cosa significa? Molto semplicemente che l‘atto inanellandosi su se stesso, ripetendo il giro, consente di scegliere ciò che altrimenti sarebbe solo necessario. Quel che sarebbe soltanto una passione del soggetto può essere assunto come atto grazie al ritorno operato dalla ripetizione.
Il soggetto si impegna in ciò che è anziché subirlo. La saggezza antica aveva il suo modo di esprimere questo concetto: fata nolentem trahunt volentem ducunt.


Passione e atto

Il riferimento al pathos del soggetto è essenziale per chiarire in che modo l‘atto psicanalitico costituisce la specifica risposta di Lacan al problema della resistenza. Se infatti la resistenza non è interpretabile è perché può venir trattata dall‘atto.
Il nucleo della resistenza è il soggetto come pathos. L‘assoluto del godimento, che porta all‘annientamento i personaggi di Balzac, se subìto passivamente, è l‘impotenza di negarsi alle proprie passioni. Che si presenti nella grandezza disgregante delle passioni balzachiane o nell‘inerte stillicidio della depressione, il pathos è il soggetto che si lascia essere al di fuori della scelta su cui si fonda l‘atto. Il problema non è dominare le passioni. Abbandonarvisi sfrenatamente non contraddice l‘etica psicanalitica, ma una cosa è sceglierlo, altra subirlo.
Nell‘atto della ripetizione il soggetto non agisce senza pensare e non dice la verità a propria insaputa, ma equivale al proprio significante.


Proprietà peculiari della topologia

Questo concetto può essere illustrato da una figura topologica. Ma perché privilegiare la topologia rispetto alla geometria euclidea e proiettiva?
La topologia studia le proprietà che persistono inalterate nelle figure geometriche anche quando siano state sottoposte a deformazioni tali da far loro perdere tutte le proprietà metriche e proiettive. Esse possono cioè venire deformate in modo arbitrario senza bisogno di mantenere un punto di riferimento esterno con cui misurarle.
L‘invariante dipende infatti da una proprietà intrinseca alla figura e non richiede l‘applicazione di una unità campione esterna come la misura metrica, nel caso della geometria euclidea, o il birapporto, nel caso della geometria proiettiva, in quanto la topologia tratta fatti geometrici che possono essere studiati senza i concetti di retta e di piano (ancora necessari in geometria proiettiva) esigendo unicamente l‘esistenza di una connessione continua tra i punti della figura.
La continuità tra i punti si basa su relazioni di vicinanza o d‘intorno e si esprime in termini d‘insieme aperto. Ciò significa che ogni punto x dell‘insieme è interamente contenuto nell‘insieme dato.
Se, per esempio, x è l‘insieme dei punti della retta compresi tra 0 e 1, l‘insieme aperto viene indicato 0 < x < 1, dove ogni punto P di x ha un intorno ε piccolo a piacere che, a sua volta, è un insieme aperto. Nessun punto di x, in tal modo, può costituire la frontiera.​
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Nell‘insieme chiuso (0 < x < 1) abbiamo invece un elemento che appartiene alla frontiera. Poiché l‘invariante su cui si basa la nozione di equivalenza tra le figure è la continuità, la topologia è come una geometria su un foglio di gomma senza buchi dove, se per esempio un segmento ne traversa un altro, il punto d‘intersezione rimarrà sempre lo stesso malgrado le deformazioni che possiamo far subire al foglio. Per questa ragione le classi di figure topologiche si ordinano in relazione ai tagli che le dividono in due parti, secondo un ordine detto di connessione e indicato con la lettera h.

Il nastro di Möbius

La figura che ci interessa per mostrare le proprietà dell‘atto è il nastro di Möbius. Facendo fare mezza torsione a una striscia di carta e congiungendone gli estremi otteniamo una figura con le seguenti caratteristiche.
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1. Due punti possono sempre essere uniti con una linea continua senza attraversare il bordo né bucare la superficie. La figura è infatti unilatera, possiede cioè una sola faccia e basta un solo colore per ricoprirla interamente. Se, fissato un punto, percorriamo il nastro nella sua lunghezza per farvi ritorno, dobbiamo compiere due giri poiché con uno ci troviamo in posizione corrispondente ma opposta, come se fossimo sull‘altra faccia. E se cerchiamo erroneamente di differenziare il diritto dal rovescio, un punto dal suo opposto, ci accorgiamo che sono separati soltanto da un evento temporale, ossia dal tempo necessario per percorrere il giro supplementare. Solo nel caso in cui la superficie unilatera venga lacerata sul bordo del buco si ricostituisce la bilateralità. Localmente si realizzano un diritto e un rovescio ma la figura complessiva, nella sua continuità, rimane unilatera. Le proprietà locali della figura non modificano le proprietà globali, il tutto non è uguale alla somma delle parti. 2. Il Möbius ha un solo bordo che, mettendo in piano la figura, prende l‘aspetto di un otto interno. A tale linea corrisponde anche il taglio longitudinale nel nastro.
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3. L‘ordine di connessione è uguale a 2: occorrono cioè due tagli per dividere la figura in due parti. Un solo taglio longitudinale, che nella corona circolare basterebbe, trasforma il Möbius in una nuova superficie bilatera, con due bordi e quattro mezze torsioni. Le proprietà del Möbius scompaiono, ma il nastro non viene spezzato.
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Il percorso segnato dal taglio longitudinale parte da C e, passando per C' (corrispondente e opposto a C) ritorna in C dopo aver tracciato un otto interno. Nello spazio individuato da tale taglio si produce un nuovo Möbius (tratteggiato nella figura) il cui bordo è il percorso a otto interno del taglio. Il Möbius ha così subìto una trasformazione che ne ha annullato le caratteristiche, ma esse vengono conservate dal taglio stesso che delimita un vuoto la cui struttura, nella misura in cui è definita dall‘otto interno, è ancora quella del Möbius.

Atto e ripetizione

Vediamo ora come le caratteristiche strutturali del Möbius si prestino da supporto logico per articolare la relazione tra atto e ripetizione. L‘atto è definibile in base al doppio giro della ripetizione ma è anche il solo luogo in cui il significante funziona al di fuori delle proprie possibilità cedendo rispetto alla funzione segnica di rimando e presentando se stesso. Benveniste lo riporta a una funzione autoreferenziale del discorso. In effetti possiamo parlare di autoriferimento solo impropriamente. Presentare se stesso è diverso che rappresentarsi o significare se stesso. Nell‘atto il significante è, non significa, e ripetendosi si differenzia da sé. Nelle pseudotautologie questo è evidente. Se diciamo che un uomo è un uomo non compiamo semplicemente un giro a vuoto, perché facciamo ricadere sull‘individualità del soggetto della frase tutte le caratteristiche di virilità, forza, coraggio (o debolezza, precarietà, fragilità) comprese nel concetto espresso nel predicato. Il primo «uomo», per così dire, non è uguale al secondo. Il primo è nudo e si veste di tutti gli attributi che vogliamo sottintendere nel secondo. La differenza tra i due però, oltre che negli abiti, può venire individuata topologicamente, e il Möbius torna utile per mostrare la differenza come separazione spaziale. Fissiamo il punto C come sopra e consideriamo che il primo «uomo» coincida con il giro longitudinale fino al punto corrispondente e opposto del Möbius in C'. Con questo giro non chiudiamo la frase e il nostro uomo resta nudo. Per vestirlo dei suoi attributi dobbiamo compiere il secondo giro che da C' chiude il tragitto tornando in C. Così un uomo è proprio un uomo solo se ha fatto anche il secondo giro disegnando l‘otto interno. Per quanto si possa ridurre lo spazio tra i due cerchi (vedi figura seguente) fino a farli quasi coincidere essi restano sempre separati da una differenza, pari allo spazio vuoto del Möbius individuato dal taglio in cui i due giri vengono presi in un colpo solo.
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Detto in altri termini: l‘uomo potrà fare del suo meglio per adeguarsi al proprio abito e corrispondere idealmente ai significanti che lo designano: la sua esistenza individuale resterà sempre tuttavia irriducibile al concetto generale sotto cui cade. Anche se nell‘atto il soggetto equivale al proprio significante, la sua mera esistenza, il suo Dasein, ne è separata; per questa ragione la forzatura della ripetizione in analisi non ne sana l‘insuccesso, ma lo porta piuttosto a compimento. Si evidenzia così anche l‘importanza del fattore temporale in analisi. Il soggetto non può essere condotto in un momento qualsiasi sulla propria divisione, e le uscite del passaggio all‘atto e dell‘acting-out possono risultare da un‘interpretazione affrettata o mancata. In questo senso esse danno il ritmo dell‘analisi. Il problema non è tanto evitarle o prevenirle, quanto sincronizzarsi con il tempo del soggetto quando esse segnalano una sfasatura. L‘interpretazione, per essere puntuale, deve corrispondere al taglio del Möbius, poiché solo coincidendo con l‘atto rivela l‘oggetto causa di desiderio celato nel dire dell‘analizzante che procede secondo la modalità della domanda: il soggetto chiede continuamente ciò che in ultima istanza evita con cura d‘incontrare. E ‘questa la ripetizione nevrotica la cui forzatura analitica indica (nel passaggio dal modale all‘apofantico) l‘oggetto causa di desiderio che muove la domanda. Tagliando con le forbici il Möbius lungo la traccia dell‘otto interno si percorre in effetti un cerchio che segna l‘arresto della ripetizione, il limite in cui il significante è uguale a sé stesso ed è, al tempo stesso, differenza pura. Per un istante l‘equivoco si scioglie, la duplicità è annullata. L‘atto psicanalitico, dove la ripetizione viene costretta a compiersi, pone il soggetto nelle condizioni di equivalere al proprio significante: il significante si ripete in un sol gesto essendo ciò che vuol dire. E ‘toccato qui il reale del soggetto e non più la sua rappresentazione. L‘atto produce infatti un mutamento nell‘economia del soggetto la cui struttura risulta modificata dal taglio. Ma il soggetto non è in grado di riconoscere questa trasformazione proprio perché ne risulta trasformato. In tal senso l‘atto è un evento perché crea l‘evento e, come il taglio sul Möbius, produce un mutamento radicale della figura di partenza anche se ne mantiene la consistenza fisica. Esso evidenzia nel soggetto l‘insieme vuoto, come il taglio del Möbius crea un Möbius vuoto che conserva, nel bordo, le caratteristiche della struttura.

La sublimazione

L‘effetto dell‘interpretazione puntuale, che non provoca una fuga nel passaggio all‘atto o nell‘acting-out, rivela la castrazione producendo l‘insieme vuoto nel quale riconosciamo la forma vuota della fantasia descritta nel capitolo precedente come base della sublimazione. Questo ci consente di completare il secondo quadrato con il termine che cade nel quarto angolo.
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​Il tempo in sincronia con l‘atto della ripetizione è infatti quello della sublimazione. Nevrosi e sublimazione sono antitetiche. La nevrosi è l‘impossibilità del soggetto di godere della vita, derivante dalla riluttanza ad abbandonare il godimento del sintomo. Il godimento è però recuperabile se il soggetto accetta la propria perdita. Riconoscere la mancanza strutturale lo porta infatti dall‘impotenza al desiderio che può trovare soddisfacimento anche spostandosi dalla meta sessuale. Le pulsioni rimosse, causa della nevrosi, possono dunque venir accolte e rivolte alla sublimazione. Come il sintomo si inverte nella possibilità creativa della fantasia, il transfert, se ne accentuiamo l‘elemento epistemico più che quello erotico, si inverte nella sublimazione. La presa di distanza dal soggetto supposto sapere e l‘evidenziarsi dell‘inesistenza dell‘Altro, sono la condizione stessa dell‘atto creativo. La mancanza non ha più valore d‘impotenza a raggiungere la pienezza, ma viene positivizzata nella possibilità di creare attraverso essa. L‘opera creativa procede dalla mancanza e la riproduce in ciò che realizza. L‘oggetto non funge più da tappo della castrazione come nel sintomo, ma diviene misura della mancanza e si riproduce attraverso essa. La necessità che la creazione sia ex nihilo si evidenzia in questa struttura ed è in tale prospettiva che va vista l‘antitesi tra l‘evoluzionismo di Freud e il creazionismo di Lacan.
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