![]() DOVUNQUE ALTROVE I topoi freudiani e il problema del soggetto nel pensiero psicoanalitico Amelia Barbui e Marco Focchi PARTE TERZA Capitolo dodicesimo MANGIARE IL LIBRO: DOVE LA PULSIONE E‘ IRRIDUCIBILE AL SAPERE La teoria della pulsione, su cui si basa la nozione di sublimazione, è uno dei concetti fondamentali della psicanalisi. Nel ‘64, nel seminario più teso verso una ricerca epistemologica, Lacan ne riprende i termini in una rilettura della metapsicologia che prosegue lo slancio del ritorno a Freud, iniziato una decina di anni prima, sulla spinta data dalla necessità di definire in modo autonomo i fondamenti epistemologici della psicanalisi, e di invertire la tendenza a cercarne le basi scientifiche in campi diversi come la medicina o la psicologia. In Francia queste tendenze erano rappresentate rispettivamente da Nacht e da Lagache. Il tema del ritorno a Freud muove dunque da una problematica epistemologica che trova la propria risposta qualche anno più tardi incentrandosi sulla nozione di atto. Il ritorno a Freud è però innanzi tutto il ritorno a Freud operato da Lacan dopo aver preso un avvio lontano dall‘ortodossia freudiana. La continuità tra Freud e Lacan ha un carattere retrospettivo e non lineare dal punto di vista storico. Il punto di partenza di Lacan è infatti esterno a Freud ed è situabile nella psichiatria francese di prima della guerra, dove Clerambault è riconosciuto come unico maestro. Lacan si avvicina al freudismo da psichiatra e inizialmente con la stessa ottica di superamento presente nel pensiero psicanalitico anglosassone. Tale prospettiva critica è sensibile nei primi articoli raccolti negli Ecrits e a essi occorre tornare per ricostruire l‘arco della riflessione che sfocia nel tema etico dell‘atto. Molte nozioni sviluppatesi negli anni del superamento critico di Freud sono rimaste infatti presenti e attive negli anni del ritorno a Freud. La libido: concetto energetico e ipotesi sostanzialista
Per quanto riguarda la pulsione i primi riferimenti si trovano in Al di là del principio di realtà, un testo del ‘36 dove, pur valorizzando le acquisizioni del freudismo sul piano fenomenologico, Lacan si prefigge di criticarne i presupposti metapsicologici a partire dal concetto di libido. In tale concetto riscontra infatti un margine di imprecisione che ritiene di poter chiarire discernendone due aspetti sempre sovrapposti nell‘impiego del termine: il primo riguarda un concetto energetico che regola l‘equivalenza dei fenomeni; il secondo concerne una ipotesi sostanzialista che riferisce invece i fenomeni alla materia. Malgrado la distinzione serva a Lacan per scartare il secondo aspetto, in diverse forme si ritroveranno i due versanti così individuati nel seguito del suo pensiero. L‘ipotesi sostanzialista qui accantonata come estranea al campo psicanalitico sarà la matrice, dopo la critica strutturalista al sostanzialismo, della nozione di godimento che si affaccia a partire dalla fine degli anni Sessanta. Nello scritto in esame, tuttavia, egli attribuisce all‘ipotesi sostanzialista il vantaggio di offrire una base alla scoperta clinica che pone in correlazione i disturbi della funzione sessuale con i sintomi psichici. Si profila dunque, in questa sbrigativa definizione, la problematica del rapporto tra involucro formale del sintomo e godimento del fantasma, anche se l‘oggetto è qui materializzato in modo più elementare. «La teoria della libido afferma che la sessualità infantile passa per uno stadio di organizzazione anale e dà un valore erotico alla funzione escretoria e all‘oggetto escrementizio, e questo interesse nel bambino è osservabile al posto stesso in cui è indicato».1 La libido: nozione di equivalenza Il versante che però ha avuto maggiore sviluppo nell‘insegnamento di Lacan è quello in cui la libido è considerata un concetto energetico, ovvero una semplice «notazione simbolica dell‘equivalenza tra i dinamismi che le immagini investono nel comportamento». Cosa intenda è chiarito in uno scritto di dieci anni posteriore dove l‘identificazione viene definita come fenomeno irriducibile, la forma propria della causalità psichica. L‘imago, che in quegli anni viene considerata l‘autentico oggetto della scienza psicologica, ha la funzione di realizzare l‘identificazione nella relazione dell‘individuo con il simile. Nel ‘46 dunque, circa vent‘anni prima della svolta epistemologica, l‘imago è presa come il mattone base su cui si regge la scienza psicologica e di conseguenza la psicanalisi, dato che la critica alla psicologia e il tentativo di fondare autonomamente la psicanalisi risale al periodo successivo alla rottura con Lagache. Con «dinamismi delle immagini» Lacan intende in quegli anni le determinanti elementari del comportamento. La libido come concetto energetico è dunque «la condizione stessa dell‘identificazione simbolica» ovvero la possibilità di mettere in equazione immagini eterogenee, ed è «l‘entità essenziale dell‘ordine razionale senza il quale non può costituirsi nessuna scienza positiva». 2 L‘appartenenza della psicanalisi alle scienze positive non è neppure messa in questione, anche se non è contemplata una possibilità di quantificazione. Attraverso la notazione simbolica della libido, infatti, la capacità operativa di rendimento, senza che sia necessario stabilire un rapporto con una unità di misura, può essere denotata con un segno positivo o negativo esprimibile tramite l‘equilibrio che le immagini realizzano tra loro grazie al metodo della doppia pesata, esposto per esteso in Il numero 13 e la forma logica del sospetto. 3 L‘obiettivo di Lacan è di disgregare i presupposti metapsicologici del freudismo per valorizzare i rapporti propri di una scienza positiva. Dietro gli equilibri e i dinamismi di immagini, nella cifratura matematica cui riduce l‘energetismo freudiano, si profila già l‘aspetto legato alla logica simbolica che si ritroverà più tardi nel suo insegnamento. E‘ importante tuttavia notare come idue aspetti presenti in questa prima fase della riflessione sulla nozione di libido siano indispensabili, al di là delle riformulazioni in cui entreranno, e rispecchino la definizione freudiana di nozione limite tra il somatico e lo psichico. Dall‘ipotesi sostanzialista agli scambi biologici Ritroviamo i due assi della pulsione in una conferenza sulla criminologia, del ‘50. «I Triebe costituiscono solamente un sistema di equivalenze energetiche in cui troviamo un riferimento per gli scambi psichici, non in quanto subordinati a qualche condotta, ma in quanto simbolizzano, integrano dialetticamente le funzioni degli organi in cui compaiono gli scambi naturali: gli orifizi orale, anale e genitourinario». 4 Si nota già una prima trasformazione dell‘ipotesi sostanzialista: essa non è più riscontrabile nell‘interesse del bambino per l‘oggetto fecale, ma negli scambi biologici con l‘ambiente come nutrizione, escrezione. Gli organi preposti a tali funzioni naturali di scambio danno appoggio alla zona erogena e gli scambi naturali vengono simbolizzati come base degli scambi psichici. Si verifica quindi uno slittamento dall‘idea indefinita di sostanza libidica al sistema dell‘organismo che dà appoggio alla libido. Non è l‘ultima trasformazione subìta dall‘ipotesi sostanzialista che si evolverà fino a desostanzializzarsi nella funzione del godimento. C‘è un rapporto diretto tra la preponderanza assunta dal versante energetico della libido e l‘inversione dell‘ipotesi sostanzialista nella funzione di godimento. L‘idea di una libido fondata su un sistema di equivalenze ha il proprio riferimento concettuale nel campo della moderna fisica energetica che racchiude in sé un principio grazie al quale si riduce al minimo l‘importanza di una ipostatizzazione sostanzialista. Nella moderna energetica il pensiero fondamentale infatti non procede, come nella fisica classica, dalla nozione di spazio, ma da quella di numero che non si presta affatto a essere considerata dal punto di vista della sostanza. L‘importanza dell‘energetica non consiste tanto nella possibilità di escludere completamente le ipotesi, ma semplicemente nell‘essere in grado di non convertirle in proprietà assolute delle cose, differenziandosi così dal materialismo dogmatico cui era improntata la fisica classica. Tali osservazioni prendono rilievo se riferite al secondo versante libidico della pulsione, riconducibile al godimento. In esso infatti si riassume l‘ipotesi che sostiene l‘impalcatura simbolica della pulsione che tuttavia non è possibile considerare come proprietà degli oggetti materiali (escremento, seno). L‘oggetto escrementizio, cui Lacan si riferisce nel ‘36, non sostiene il godimento più di qualsiasi altro oggetto se non mettiamo in conto un investimento non sostanzializzabile. Dobbiamo cioè prendere in considerazione la differenza che sussiste tra l‘àgalma, l‘oggetto investito dal desiderio dell‘Altro che include la mancanza, e il palea, il rigetto a cui si riduce una volta spogliato dall‘interesse libidico. L‘equivalenza degli eterogenei I due versanti dell‘oggetto, àgalma e palea, rendono trasparente l‘irriducibilità del godimento a sostanza. Si colgono così le ragioni del supporto che Lacan ha individuato nelle leggi dell‘energetica, in cui abbiamo la possibilità di mettere in correlazione diverse serie eterogenee di elementi in modo da trovare per ognuno di essi il proprio equivalente. Se disponiamo delle serie eterogenee A, B, C siamo in grado di stabilire una relazione tra a1, a2, a3, con b1, b2, b3, e con c1, c2, c3. A ogni quantum di movimento corrisponderà, per esempio, un quantum di calore, a ogni quantum di elettricità un quantum di affinità chimica, e così via. Mettendo in correlazione le serie eterogenee - questo è l‘importante - l‘energia non appare come una serie ulteriore accanto alle altre, ma come un sistema unitario di riferimento posto a base della misurazione il cui senso e la cui funzione risiedono nelle equazioni che consente di stabilire tra i diversi gruppi di fenomeni. Se pensiamo alla funzione che ha nel campo psicanalitico la nozione di mancanza d‘oggetto cogliamo l‘importanza delle correlazioni energetiche. L‘energia si riduce infatti a una costante e, nell‘esperienza psicanalitica, la cifra della mancanza si presenta accanto a un resto qualitativo irriducibile. La particolarità dell‘energetica consiste precisamente nel dare l‘espressione della qualità in un determinato numero. I tre riferimenti all‘energetica sopra riportati, del ‘36, del ‘46 e del ‘50, appartengono tutti al cosiddetto Lacan prelacaniano, collocandosi in un periodo anteriore rispetto a quello in cui emergono i caratteri salienti del suo insegnamento. Esiste un Lacan positivista, fin verso la fine degli anni Quaranta, per il quale la psicanalisi, fondandosi sulla nozione di imago e di identificazione, appartiene alla psicologia. C‘è un Lacan clinico, fin verso i primi anni Sessanta, che cerca nel ritorno a Freud e nella topologia i presupposti strutturali di una clinica propriamente psicanalitica. Esiste infine un Lacan epistemologo, dalla metà degli anni Sessanta in poi che, mettendo all‘ordine del giorno i concetti fondamentali della psicanalisi, mette in luce l‘infondatezza dell‘atto fuori dalla pratica. Se questi orientamenti vengono sovrapposti con il pretesto che si trovano riuniti in un solo volume, se si pretende di leggere gli Ecrits mescolando concetti che appartengono a momenti diversi ne risulta un coacervo incomprensibile. Occorre individuare, nell‘insegnamento di Lacan, ciò che varia e ciò che resta costante, come a esempio il riferimento all‘energetica riscontrabile dai primissimi scritti fino al periodo epistemologico. Nel seminario su L‘oggetto della psicanalisi, del ‘65, la costante energetica è collegata con la mancanza attraverso un esempio. Prendiamo una serie di sbarrette di metallo e mettiamole nella stanza dei giochi di un bimbo vivace. Se torniamo il giorno dopo, le sbarrette che avevamo ordinatamente posato sul tavolo saranno sparpagliate dappertutto, alcune sotto il letto, altre attaccate al lampadario, ma se abbiamo messo x sbarrette ritroveremo x sbarrette. Ovvero c‘è una costante. Dovunque siano, in ogni caso le ritroveremo. L‘energia è questo, salvo che non ci sono le sbarrette. L‘esempio serve a dare un supporto immaginario di cosa sia la costante energetica. Nello stesso modo, se c‘è una mancanza da qualche parte, deve sempre saltar fuori, comunque si ricombinino gli elementi a disposizione. Un altro supporto immaginario può essere offerto dal giochino del quindici che è formato da una tavoletta quadrata nella quale sono inseriti quindici tasselli mobili numerati progressivamente. Poiché ogni lato del quadrato contiene quattro spazi, una casella resta vuota. Le cifre dei tasselli sono disposte alla rinfusa. Il gioco consiste nell‘ordinare i tasselli secondo la successione numerica sfruttando la possibilità di movimento offerta dalla casella vuota. La posizione della casella vuota, che alla fine del gioco dovrà trovarsi nell‘angolo in basso a destra, dipende dallo spostamento dei tasselli. L‘importante è che, dovunque sia, resti un posto libero. Questo esempio ci può far capire, in modo elementare, cosa intenda Lacan quando definisce la pulsione come grammatica dei significanti della domanda. Il posto della casella vuota è quello del soggetto barrato (S) che si ripresenta sempre comunque si ricombinino i significanti della domanda rappresentati, nel gioco del quindici, dai tasselli. Cosa avviene allora dei due versanti della pulsione, logico e sostanzialista, distinti nel ‘36? Abbiamo visto che già nel ‘50 l‘idea sostanzialista lascia il posto al fondamento organico, all‘organo preso come luogo antonomastico degli scambi corporei. Man mano però che si definisce la nozione di realtà psichica, la realtà biologica cede il passo alla realtà della mancanza e alla sua soggettivazione nel desiderio. La critica dell‘idea di sostanza psichica giunge dunque fino a sostenere che non c‘è alcuna sostanza, e a porre un posto vuoto che lascia affiorare il reale del godimento. La casella vuota determina, nel giochino del quindici, una sintassi elementare, e rende tangibile come la necesità logica su cui essa si impernia sia determinata dalla mancanza. Non esiste logica coerente se non a partire dalla mancanza. L‘operazione analitica consiste nel ricostruire la grammatica della pulsione per far emergere al suo posto il punto di perdita del godimento mitico. La forma più nitida in cui si fissano i due versanti della pulsione individuati nel ‘36 si trova nelle Osservazioni in risposta a Lagache, la cui stesura risale al ‘60. Vi emerge, al di là delle due variazioni diacroniche, il nerbo della concezione della pulsione in Lacan, in relazione all‘Es. L‘Es è innanzi tutto un «tu» L‘Es viene considerato come un polo di attributi. Prima di nascere al linguaggio il soggetto non è altro che il punto in cui convergono i significanti che lo definiscono: prima di essere soggetto al linguaggio il bambino è semplicemente il posto vuoto cui l‘Altro si rivolge facendolo esistere in un «tu sei ...». Gli attributi cadono al posto dei puntini di sospensione prefigurando gli ideali in cui dovrà riconoscersi. Ma cosa sono propriamente gli attributi? Dal punto di vista della filosofia scolastica sono gli accidenti di una sostanza. Non esistono la rigidezza, la fragilità e la trasparenza senza la presenza del vetro che ne forma la sostanza che permane attraverso tutti i mutamenti. La sostanza c‘è, con una priorità logica su tutti gli accidenti che possono riguardarla. Ma il soggetto è il «c‘è» di nessuna sostanza la cui esistenza logica è data solo attraverso i suoi attributi. L‘ipotesi sostanzialista, retta prima dall‘oggetto materiale libidico, poi semplicemente dal supporto organico della zona erogena, si svuota così fino a formularsi nell‘Es come posto vuoto. Il polo intorno a cui si raccolgono gli attributi è questo posto vuoto da cui risuona il godimento. La funzione deittica che abbiamo attribuito all‘Es può sembrare in contrasto con le affermazioni di Benveniste che attribuisce il deittico solo alla prima e alla seconda persona pronominale, escludendo la terza. In effetti occorre non farsi ingannare. L‘Es psicanalitico non è affatto una terza persona, ma l‘interiorizzazione di un tu. Se il soggetto inizialmente non è nulla è perché riceve dall‘Altro le proprie determinazioni sotto forma di attributi. La negazione costitutiva del soggetto Nella misura in cui l‘Altro gli si rivolge dicendogli «tu sei» il soggetto è ciò che l‘Altro indica. Lacan distingue un tu di constatazione (nella forma dell‘esempio classico: «Tu sei colui che mi seguirà») 5 riconducibile all‘operazione di alienazione, dove il soggetto è inscritto in un numero di significanti che può proseguire all‘infinito senza veramente impegnarlo - e un tu elettivo (nella forma: «Tu mi seguirai») riconducibile all‘operazione di separazione, dove il soggetto non è più considerato dal punto di vista degli attributi che consentono un indefinito slittamento metonimico, ma è preso di mira nel suo essere stesso: «Tu sei questo e nient‘altro» indica il posto vuoto del soggetto nel linguaggio, dove il linguaggio è ricondotto alla propria istanza, ed è ciò in cui il soggetto manca alla propria rappresentazione. Nel tu di constatazione il soggetto si fa rappresentare dai significanti in cui l‘Altro lo designa. Nel tu elettivo è colto dove il linguaggio, nel proprio aver luogo, manca alla rappresentazione indicandosi e indicandolo nell‘essere. Alla differenza tra il tu di constatazione e il tu elettivo, provenienti dall‘Altro, Lacan, nella risposta a Lagache, fa corrispondere nel soggetto, senza esplicitare il riferimento, la distinzione tra affermazione e certezza. L‘affermazione ha una precedenza logica sulla certezza e in essa trovano posto le incertezza generate dall‘atto nel suo solco di verifica. In questo rimando alle scansioni sospese del tempo logico troviamo ancora l‘infondatezza dell‘atto cui corrisponde però una certezza attinta dalla verità della mancanza. Si rispecchia nella logica sviluppata da Lacan ciò che Freud ha abbozzato nell‘articolo sulla negazione, distinguendo un giudizio di attribuzione primaria o Bejahung che ha la precedenza logica sul giudizio di esistenza basato sulla negazione, Verneinung. Nella traccia cancellata da cui nasce la certezza dell‘esistenza ritroviamo dunque il significato primitivo della negazione, l‘elisione significante costitutiva del soggetto. La negazione infatti «afferma il soggetto nella forma del negativo, allestendo il vuoto in cui trova il proprio posto». 6 Questa concezione porta Lacan a una riformulazione del problema, centrale nell‘esperienza psicanalitica, della difesa, distinto da quello della resistenza. La difesa è articolata con la pulsione Da Anna Freud in poi la difesa riguarda un conflitto tra l‘io e la pulsione. L‘io si difende dalle esigenze pulsionali che cercano di farvi irruzione, opponendosi alle tendenze rappresentate dalla pulsione. Poiché il problema del soggetto, nell‘ego psychology, si riduce all‘io, effettivamente la difesa può essere concepita solo come un‘azione della soggettività volta a modificare la tendenza. Ma se, come nella problematica di Lacan, il soggetto è l‘elisione significante la cui matrice è la Verneinung, la difesa, in termini essenziali, consiste semplicemente nell‘affermazione del soggetto nella forma del negativo, vale a dire che nel cuore della pulsione il soggetto non «c‘è» come significante. In questo senso Lacan può dire che la difesa modifica il soggetto e non la tendenza: essa si rivolge infatti contro l‘affermazione dell‘Es. C‘è, in altri termini, una stretta affinità tra la nozione di difesa e quella di negazione. La difesa naturale è il posto vuoto «per quanto segnato d‘artificio sia questo cerchio bruciato nella boscaglia delle pulsioni» e offre alle altre istanze il luogo in cui accamparsi per organizzare le proprie difese. In altri termini la difesa consiste nel fatto che il soggetto non «c‘è» dove può essere significato e, al posto in cui manca, l‘io può attendarsi ricoprendo tale spazio vuoto. Il conflitto tra l‘io e la pulsione risulta dunque secondario poiché l‘io è il cosmetico che insieme alle difese impone i propri effetti immaginari in un posto usurpato. Abbiamo dunque la difesa base, la difesa naturale, fatta di un‘elisione significante, sul cui posto vuoto si inserisce l‘io arredandolo con i propri effetti immaginari. La difesa, in senso primario, risulta così la barriera naturale contro l‘affermazione dell‘Es ovvero l‘affermazione di un‘inesistenza. Siamo cioè a livello del «non sono» dell‘inconscio «che si caratterizza attraverso il tratto individuato da Reik nella sorpresa». Il fondamento di tale sorpresa, come risulta da ogni interpretazione autentica, non è altro che la dimensione del «non sono». Il lapsus, per esempio, si produce a livello del «non sono», e in esso risuona l‘inesistenza del soggetto in quanto è solo finzione e si trova ridotto a una sorta di essere per il quale non c‘è posto da nessuna parte. Nella misura in cui la difesa si costituisce contro la sorpresa del «non sono», dell‘inesistenza, ogni suo aggiramento realizzato nell‘analisi si produce in concomitanza all‘effetto di sorpresa. Ciò può essere illustrato con un esempio che mostra il superamento della difesa operato dall‘interpretazione, la conseguente parata e il ricostituirsi della difesa, evidenziando come l‘interpretazione vada a segno soltanto in una scansione che può incontrare o no una resistenza. Il superamento della difesa non implica il superamento della resistenza che è invece un problema di rielaborazione sui tempi lunghi. Il libro è seme di sapere ... ma non solo Si tratta del sogno di una giovane isterica, fatto durante la pausa estiva dell‘analisi, e raccontato alla ripresa nella prima seduta di settembre. «Il suo studio - dice - è pieno di gente in grande animazione. Tutti attendono in un ampio giardino, molto bello, che lei compaia alla porta. Alcuni sono lì per le sedute e aspettano il loro turno, altri sono giornalisti venuti per intervistarla. Quando arrivo, all‘ora fissata per il mio appuntamento, mi trovo un po‘ smarrita in mezzo a una folla vivace e vociante. Per fortuna in questa moltitudine di gente trovo una persona che conosco e parlo un po‘ con lui prima di essere ricevuta. Quando entro nel suo studio per la seduta, noto sulla scrivania un libro che le è stato dedicato da una persona famosa. Il titolo è Tutto sul mio culo, riesco a leggerlo sogguardando in tralice mentre lei mi fissa l‘appuntamento successivo. A questo punto sono un po‘ turbata, e un timore prima vago si fa strada nella mia mente guadagnando chiarezza: forse lei è omosessuale? Non riesco a capire infatti se il libro le sia stato regalato da un noto omosessuale come pegno di amicizia in una vostra relazione perversa, o se lei si interessi a quel libro semplicemente per motivi culturali. A questo punto vorrei prendere un libro, un altro, dalla scrivania però lei, gentile ma fermo, me lo nega. Dopo la seduta lei esce dallo studio e tutti le si fanno incontro per rivolgerle domande e ottenere interviste. Io rimango indietro a parlare con l‘amico di prima, fino a quando tutti se ne sono andati. A questo punto lei si trasforma nella persona che ha fatto da tramite tra noi dandomi il suo indirizzo, mi dice di non preoccuparmi, e mi colma di tenerezze». E‘ un trasparente sogno di seduzione. Bisogna aggiungere che il padre della donna è un personaggio pubblico di cui i giornali, in quel periodo parlavano quasi quotidianamente. Nei confronti della figlia ha sempre avuto un atteggiamento ambiguo di toccata e fuga. S‘ingeriva nella sua vita immischiandosi in decisioni importanti che la riguardavano e studiava di farsi sentire mentre telefonava a donne sul cui tipo di legame con lui non c‘erano dubbi. Viveva il tipico distacco dagli affetti familiari che hanno a volte le persone con troppi impegni. Nel sogno sono rappresentato nella posizione del padre, assediato da giornalisti e conteso, come lui, da ammiratori e persone mosse da qualche interesse. Ma non è questo il tratto saliente. Il punto critico è piuttosto nel mio cortese ma fermo rifiuto di darle un libro che sarebbe stato dolce al suo palato, ma le avrebbe riempito di amarezza il ventre. Non chiede solo sapere infatti, ma l‘apocalittico libro da mangiare che i suoi fantasmi d‘inseminazione orale consentono senza dubbio d‘interpretare come trasgressione incestuosa. La mia funzione di analista non è una ragione tale, per una donna giovane e bella, da giustificare il rifiuto alle sue lusinghe accattivanti. Se non voglio consumare con lei il frutto proibito di un sapere che serbo, il motivo può essere uno solo: i miei interessi, come le mie letture inducono a sospettare, non possono essere condivisi con il sesso a cui ha la gentilezza di appartenere, e non posso certo nutrirla di letture indigeste comeTutto sul mio culo. In breve, se non cedo alla seduzione è perché sono omosessuale, non certo perché lei non sia irresistibile. L‘interpretazione del sogno la coglie a guardia scoperta, il messaggio passa e il giorno dopo mi porta il suo «ricevuto» commentando la sensazione spiacevole che la pervade non appena le si presenta alla mente l‘idea della seduzione, soprattutto se è una donna a lanciare le esche. Vede nelle arti femminili l‘invescamento nei confronti di qualcuno che, ignaro, resta vittima di irresistibili malìe. Deve confessarsi però che se la seduzione viene da un uomo, o se riesce a dimenticare gli inganni donneschi di cui si sente protagonista suo malgrado, l‘irretimento amoroso le piace. Lo conferma la seduta successiva con un sogno in cui, superata la sorpresa dell‘interpretazione precedente e ricostruite le difese, mostra di essere all‘attacco in contropiede. «Sono dal medico che mi pratica l‘agopuntura - racconta. E‘ un dandy che si dà molte arie e con il suo atteggiamento mi infastidisce. Mi fa accomodare sul lettino e si accinge a preparare gli aghi. Ma mentre sono sdraiata lascia tutto e viene verso di me tentando di sedurmi. Poiché lo respingo insiste tentando di costringermi, e di fronte alla mia riluttanza è come se mi dicesse: mi hai portato fino a questo punto, adesso devi starci. Mi accusa così di aver tentato di sedurlo: mentre è lui che mi vuole». E‘ un sogno che non richiede commenti: ristabilisce il «non sono» del soggetto (nella forma non sono io, ma sei tu) colto per un istante nella verità della sua mancanza d‘essere come desiderio di sedurre. E‘ vero che è l‘Altro (incarnato nella fattispecie dal padre) a volerla sedurre, ma le risulta insopportabile che il suo desiderio sia il desiderio dell‘Altro La rivelazione del desiderio nella sua nuda realtà viene quindi ricollocata dal secondo sogno dietro lo schermo del fantasma fondamentale, dove lei subisce le insidie dell‘Altro paterno raffigurato dal medico dandy, come allusione all‘analista. La breve sequenza di questi due sogni mostra la logica analitica per cui il soggetto riceve dall‘Altro il proprio messaggio in forma invertita. All‘accusa espressa dal primo sogno: «Se non ci stai è perché sei omosessuale» l‘interpretazione, aggirando la difesa, rilancia il messaggio in forma invertita aggiungendo la premessa mancante: «Tu mi desideri». Il colpo va a segno, e dopo il primo smarrimento, la difesa si richiude reinvertendo il messaggio. Ma non è un semplice ritorno al punto di partenza: «Mi hai portato fino a questo punto e adesso devi starci» può significare, a seconda che l‘enunciazione sia attribuita al dandy o alla sognatrice, tanto la ritorsione dell‘accusa, quanto il desiderio ribadito. In ogni caso le cose si sono radicalizzate. Il posto vuoto: dimora del desiderio L‘esempio mostra come l‘interpretazione punti a mettere a nudo il posto vuoto in cui si situa il desiderio del soggetto. La rimozione può essere revocata soltanto con il passaggio attraverso esso. Ma dietro il velo fragile dell‘io il posto vuoto non resta nuda dimora del soggetto perché, una volta restituita la possibilità della sublimazione, essa ha la funzione di arredarlo. Un‘immagine dello scrittore giapponese Tanizaki, citato da Catherine Millot 7 in un articolo, può metaforizzare quest‘idea. In Giappone viene coltivata un‘arte che consiste nello sfruttare suggestivamente l‘ombra prodotta dalla particolare architettura delle case. I mobili, i materiali e le decorazioni sono studiati appositamente per valorizzare l‘ombra interna, la quale mette in risalto ciò che al tempo stesso nasconde. Un vaso di fiori avvolto d‘ombre tenui in un angolo riparato dalla luce diretta dà l‘impressione che l‘aria che lo circonda sia avvolta nello spessore di un silenzio sulla cui oscurità regna una serenità eterna e inalterabile. Se gli togliamo la magia dell‘ombra, l‘angolo ripiomba nella realtà banale di spazio vuoto e nudo. Vi è qui un universo d‘ombra creata deliberatamente che delimita uno spazio rigorosamente vuoto cui è conferita una qualità superiore a qualsiasi decorazione. Se ci si spinge nella stanza più riposta, dove non penetra mai luce esterna, i paraventi dorati captano il limite estremo di un chiarore lontano del giardino separato da essi da chissà quante stanze: non si può percepire riflesso più irreale, come in un sogno. La polvere d‘oro che dà di solito una luce fioca si illumina di un lampeggiamento improvviso, e ci si domanda stupefatti come una luce così intensa abbia potuto concentrarsi in un luogo così buio. La pulsione, che Lacan definisce acefala, racchiude un vuoto simile, e la sua meta, il culmine del godimento, si realizza nell‘eclissi del soggetto. In forma sublimata, il soddisfacimento può venire da qualcosa di impalpabile come il bagliore nell‘inconsistenza dell‘ombra e non è per questo meno reale, meno appagante. 1 J. Lacan, «Au-delà du principe de réalité», in Ecrits, cit. , p. 91. 2 Ibid. 3 J. Lacan, «Il numero tredici e la forma logica del sospetto», in In folio, n. 3, settembre 1980. 4 J. Lacan, «Fonctions de la psychanalyse en criminologie», in Ecrits, cit., p. 147-148. 5 J. Lacan, Le séminaire, Livre III. Les psychoses, Seuil, Paris 1981. 6 J. Lacan, «Remarque sur le rapport de Daniel Lagache», in Ecrits, cit., p. 666. 7 C. Millot, «La sublimation, creation ou reparation?», in Ornicar?, n. 25, autunno 1982.
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