Una regina invincibile... DOVUNQUE ALTROVE I topoi freudiani e il problema del soggetto nel pensiero psicoanalitico Amelia Barbui e Marco Focchi Capitolo quindicesimo TUTORE O RIVALE Un passaggio segnato nella mitopoiesi della lingua italiana è quello del muro di fuoco che Dante deve attraversare prima di accedere dal Purgatorio al Paradiso. Di fronte all‘esitazione di Dante, intimorito dalla prospettiva del «morso del fuoco» sulla carne viva, Virgilio sa trovare l‘argomento giusto per smuoverlo: «Or vedi, figlio: tra Beatrice e te è questo muro». Virgilio, la guida, conduce Dante attraverso l‘ultima purificazione prima di dargli accesso all‘oggetto di desiderio. Una simile figura di guida, che introduce ai sommi misteri e al godimento della contemplazione, non è infrequente nella nevrosi ossessiva. Il primo sogno fatto durante l‘analisi da un ossessivo riproduce esattamente questa struttura. Si vede mentre sale una lunga e ripida scala a chiocciola insieme ad alcuni compagni di università (l‘analisi è iniziata in coincidenza con l‘inizio degli studi universitari). Alla testa del piccolo gruppo una figura più anziana, potrebbe essere un docente o un prete, dall‘aria ieratica e solenne, ma benevola, fa cenno di seguirlo e avanza mostrando la via. Questa allegoria d‘iniziazione mistico sessuale si precisa attraverso una serie di ricordi di copertura emersi man mano nel corso dell‘analisi.
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Marco Focchi Il tema della felicità, dominante nell’etica filosofica fino alla Critica della ragion pratica, lascia il posto, dopo Kant, a quello del dovere, che si presta meglio ad articolare il godimento con la legge, problema centrale nel disagio della civiltà e nelle sue manifestazioni sintomatiche. Lacan ha sostenuto che il soggetto è toujours heureux, ma prima di lui la felicità resta infatti ai margini del campo concettuale della psicoanalisi. Bisogna in effetti considerare il rapporto con la pulsione dove, al di là del principio di piacere, si radicalizza l’erotica del soggetto. Helene Deutsch ne mostra una certa consapevolezza quando tratta, in un suo lavoro, (1) il tema della felicità sottolineandone il carattere inusuale per la psicoanalisi, dove in genere si ha a che fare con la sofferenza, con il disagio, il sintomo, l’insopportabilità di una situazione. Vorremmo mostrare che il modo in cui affronta i concetti di felicità, di pienezza d’appagamento, d’estasi, può offrire una via breve e convincente per arrivare al problema sotteso dalla fenomenologia delle tossicodipendenze. Il lavoro di Helene Deutsch in effetti, pur non trattandone direttamente, ne permette una penetrazione più interessante rispetto ai testi classici sull’argomento di Rado (2) e di Glover (3). Questi tentano di individuare la chiave del problema nella fissazione a un particolare stadio evolutivo della libido, e cercano in una specifica base pulsionale la causa che predispone il soggetto all’assunzione di sostanze stupefacenti: è il primo passo per la creazione della categoria di tossicomania, alla quale noi non attribuiamo valore strutturale sul piano clinico. L’equivoco del linguaggio DOVUNQUE ALTROVE I topoi freudiani e il problema del soggetto nel pensiero psicoanalitico Amelia Barbui e Marco Focchi Capitolo quattordicesimo STRUTTURE FORMALI Dobbiamo ora fare qualche considerazione sulla struttura formale del linguaggio presupposta dalla concezione dell’interpretazione sopra illustrata. Abbiamo visto come l’operazione che mira a misurare l’oggetto a sia in effetti un tentativo di reintegrarlo nell’universo di discorso. L’incommensurabilità tra a e l’Uno conduce infatti allo scacco. Non è dunque possibile realizzare l’universo di discorso. Il linguaggio può dire tutto?
Il problema dell’universalità del linguaggio, che risale a Leibniz, è riemerso nella logica e nella matematica del nostro secolo ponendosi nell’alternativa tra incompletezza e inconsistenza. Come ha dimostrato Tarski, un linguaggio per essere universale deve essere inconsistente, ossia deve comprendere anche la contraddizione. La dimostrazione di Tarski si basa sulle conclusioni tratte da Gödel nella matematica per cui se l’aritmetica formale è consistente non è una teoria completa, in quanto la sua consistenza non è dimostrabile con metodi formalizzati nel proprio interno e occorre fare ricorso a un sistema più ampio. Completezza e consistenza si escludono a vicenda: se un sistema è completo risulta inconsistente e se è consistente è necessariamente incompleto. Nella logica e nella matematica si preferisce in genere operare con sistemi incompleti piuttosto che inconsistenti (anche se scuole sudamericane hanno prodotto studi notevoli sulle logiche paraconsistenti) e vengono messe a punto tecniche sistematiche e assiomi per escludere i paradossi, ovvero per evitare l’aberrazione di una equivalenza tra un termine e la sua negazione, e per non incorrere nei risultati che hanno aperto, agli inizi del secolo, la crisi dei fondamenti della matematica. |
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Ottobre 2025
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