Mia figlia di 10 anni si strappa le ciglia in classe, ed ogni volta che le chiedo se lo ha fatto, lo nega. Premetto che quest'anno abbiamo dovuto cambiare scuola per trasloco e lei si e' trovata a dover misurarsi con nuove realtà, cercando di trovare la sua nuova dimensione. La maestra che le e' capitata e' un po' severa e rigida nei voti...a volte anche ironica con chi non riesce bene. E mia figlia teme la suo ironia.
Dice di fare questo gesto soprattutto quando e' in difficoltà (non riesce a risolvere un problema, o ha preso un brutto voto..etc), perche' secondo lei, noi genitori staremo male per colpa dei brutti voti. Io le ho fatto capire che non ci importa niente dei suoi voti scolastici, e quindi di non preoccuparsi se e' meno brava degli altri....e che quello che ci fa stare male e' vedere lei nel deturparsi il viso giorno dopo giorno. Non so cosa dobbiamo fare. Siamo molto in difficoltà. La ringrazio molto. Risposta Gentile utente, la tricotillomania, ovvero l’impulso irresistibile a strapparsi peli, capelli o, come nel caso di sua figlia, le ciglia, è un disturbo ben conosciuto, ed è una variante dei rituali abitualmente presenti in quelli che vengono classificati come disturbi ossessivo-compulsivi. Attraverso questi atti il soggetto si dà sollievo di una situazione ansiosa soggiacente, e che può essere scatenata dalle situazioni più svariate. Attenzione: scatenata, non causata. La situazione non confortevole dunque in cui sua figlia si trova con la nuova maestra può costituire un’occasione che manifesta il problema, ma non la causa profonda del problema. Si tratterebbe di capire le ragioni delle ansie di fondo di sua figlia, che persistono malgrado le rassicurazioni che voi genitori le date sui voti scolastici, e che quindi derivano da altra fonte. Da come lei espone la situazione sembra che sua figlia si punisca per un senso di colpa le cui ragioni andrebbero sondate. Ma non è cosa che possiate fare voi, per quanta pazienza e comprensione mostriate. È un problema che ha radici inconsce, e che nell’inconscio va indagato, con l’aiuto di un professionista. Dr. Marco Focchi
1 Comment
Domanda
...è un pensiero ricorrente : Domando a me stesso: “Vorrei vedermi nascere; ma non riesco ad immaginarmi vivo!” Che significato gli da Lei? Grazie Risposta Un pensiero come quello che lei formula dipende dal contesto, e soprattutto dalla sua situazione di vita. Interpretarlo così, senza altri elementi, darebbe luogo a molteplici possibilità astratte. Se questo pensiero la inquieta o la disturba potrebbe essere l'occasione per fare alcuni colloqui attraverso cui dargli un significato concreto e vederne il valore nella sua vita. Un saluto Dr. Marco Focchi La mia domanda è duplice e non. Qual è il fine di una analisi? E quando si ha la fine di un analisi? Sto affrontando una analisi da tre anni..forse più o forse meno….E in questo attraversamento, a volte mi sembra di essere arrivata. Altre volte la meta appare irraggiungibile.
Forse questo contraddittorio sentire nasce dal fatto che non so dove si debba arrivare. Se non si conosce il fine, come si può vedere la fine? La stanchezza e senso di costrizione che talvolta mi prendono per via della metodicità delle sedute, sempre gli stessi giorni sempre alla stessa ora, il dover parlare sempre Io, il cercare qualcosa di cui non si sa niente, anche il destreggiarsi nel fare economia per sostenere le sedute, sono resistenze all’analisi, o diventano un nuovo sintomo – una sorta di idiosincrasia per il divano freudiano? Forse l’esperienza psicanalitica è “semplicemente” un viaggio che talvolta è rassicurante, emozionante, rivelatore, dinamico, progressivo, talvolta faticoso, noioso, frustante, statico, regressivo? Ho provato a parlare al mio analista….ma da buon analista non mi da risposte (per me soddisfacenti). Saluti. Risposta Cara Elisa, l’analisi è una delle esperienze meno standardizzate, meno protocollari, meno generalizzabili che ci possano essere. È chiaro che proprio per questo contrasta con l’ideologia di fondo della nostra contemporaneità, che si fonda sull’immediatezza della risposta, sul principio di prestazione, sulla prontezza della soluzione. Ma le soluzioni pronte sono tali solo se sono uguali per tutti. Altrimenti sono da costruire, e mettono al lavoro la creatività e la soggettività. Se domandi dunque qual è il fine di un’analisi, bisogna rovesciare il verso della domanda e chiedere: quale fine ti prefiggi con la tua analisi? Cosa vuoi raggiungere? Che tipo di esperienza vuoi fare? La fine è poi commisurata al fine. Se vuoi semplicemente un lenimento dei sintomi è probabile che tu possa raggiungerlo abbastanza rapidamente. Se vuoi invece lasciar uscire e lavorare gli interrogativi che i sintomi nascondono, allora dipende dal tuo passo, da come e in che tempi sei in grado di affrontare i problemi. E comunque l’esperienza psicoanalitica non è “semplicemente” un viaggio, perché se condotta sfruttando in pieno le sue possibilità, tocca un fondo reale della vita al quale non si ha accesso in nessun altro modo, e che ti porta di fronte a scelte radicali. In questo senso l’esperienza psicoanalitica è fondamentalmente un’esperienza etica. Dr. Marco Focchi Gentile Dottore,
mi sa spiegare come funziona la procedura per il sostegno adhd nella scuola? Io non credo che questa sia una nuova malattia, ma si tratti di sintomi di varia origine. Risposta Cara Ilaria, naturalmente quando si parla di malattia ci si riferisce a qualcosa di organicamente riscontrabile. Nulla di tutto questo è comprovabile per il Deficit di attenzione con iperattività. Nei vent’anni in cui ho fatto consulenza in una Scuola elementare i bambini che mi venivano presentati come portatori di questo tipo di disturbo avevano alle spalle il più delle volte situazioni socialmente disagiate, situazioni famigliari conflittuali, un retroterra ansioso che si traduceva in ipercinetismo, o comunque situazioni di disagio chiaramente leggibili e affrontabili sul piano relazionale. Le etichette classificatorie del DSM fissano le persone in diagnosi stigmatizzanti, con il solo effetto di far si che i soggetti così classificati reagiscano a questa diagnosi come a un’interpretazione, adeguandovisi o ribellandovisi. Lo stesso vale per l’abuso diagnostico che si sta facendo ora nelle scuole per quanto riguarda le dislessie: basta che un bambino inverta due lettere perché scatti l’allarme, e con le migliori intenzioni della prevenzione si ingabbia il bambino in un’etichetta diagnostica che diventa poi condizionate nella sua vita, quando tutto ciò che serve il più delle volte è attenzione, ascolto, o riorientamento dei genitori. Dr. Marco Focchi Solo ad un amico fraterno che mi conosce dall’infanzia ho confidato questa mia caratteristica...6/2/2014 ...lui non la capisce e pur avendone “approfittato” continua a suggerirmi di cercare di cambiare.
Mi spiego meglio… ho 44 anni e da più venti ho scoperto di desiderare che la mia compagna, prima fidanzata e poi moglie, sia guardata, sia apprezzata fisicamente da chi mi sta intorno. Meglio se amici e conoscenti. Preciso che sono innamorato di mia moglie e che mi piace fisicamente ancora tantissimo. Ho cominciato col chiederle di vestirsi in modo più sexy, ho proseguito negli anni pretendendo il topless al mare e degli slip striminziti. L’ho quasi obbligata a portare, almeno nei posti dove sicuramente non ci conosceva nessuno, delle magliette trasparenti senza il reggiseno sotto, delle canotte molto scollate. Sono stato probabilmente ossessivo negli anni, non ho mai smesso di avere questa “mania”, anno dopo anno, come un picchio, affrontando anche discussioni perché lei non condivide questa mia “necessità”, ho preteso sempre di più. Anno dopo anno ho capito che non mi bastava più solo che fosse vista, ma anche toccata e perché no … desideravo che facesse l’amore con me e un altro uomo (il mio amico). Frutto di, ripeto, anni e anni di richieste e discussioni, ho raggiunto anche questo obiettivo ma è stato probabilmente l’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso della sua pazienza. Il nostro rapporto e peggiorato e ci stiamo separando credo proprio per questa mia caratteristica. Come mi avete consigliato diversi mesi fa ho finalmente deciso di affrontare uno psicologo anche se probabilmente è troppo tardi per quanto riguarda il rapporto con mia moglie. Ha cominciato a chiedermi della mia infanzia, di mia madre, della mia adolescenza, francamente non ho scheletri nell’armadio e …ad oggi non vedo particolari progressi a me utili. Mi chiedo però e vi chiedo… la mia è per così dire una “malattia” che avete riscontrato in altri uomini o sono IO ad essere così strano come ritiene il mio amico. Lui in effetti è il contrario di me su questo aspetto, lui vorrebbe che sua moglie fosse sempre vestita in modo morigerato e non si mostrasse a nessuno tranne che a lui mentre invece io sono felice nel vedere la mia nuda davanti a lui mentre magari gli pratica del sesso orale. Io davvero non riesco ad immaginarmi diverso da come sono, non riesco a pensare di poter togliere da me stesso questa caratteristica… però vi prego datemi una risposta franca, sincera…e se necessario anche dura! Risposta Gentile utente, lei stesso dice di non riuscire a immaginarsi diverso da come è, e il suo desiderio va nella direzione che ha spiegato. Il vero problema è che questo desiderio è egodistonico non tanto con lei, quanto con sua moglie. Il suo disagio nasce dal fatto che sua moglie non può – evidemtemente perché il suo modo di desiderare va in un'altra direzione – assecondarla nel realizzare le fantasie che la eccitano. Credo che un lavoro con uno specialista le potrebbe esserre utile. Lei si dice deluso, ma è sicuro di aver formulato le domande giuste? Se lei chiede di "guarire" da una modalità di desiderio a cui non riesce a rinunciare, difficilmente il lavoro potrà fare molta strada. Il suo rapporto con la sessualità non sarebbe causa di disagio se sua moglie si sentisse di assecondarla. Ma naturalmente il suggerimento non è quello di cambiare moglie. Si tratterebbe piuttosto di esplorare le reciproche compatibilità e di trarne le dovute conseguenze. Un saluto cordiale Dr. Marco Focchi ... dopo 9 mesi di tentativi dove non accade nulla ci sottoponiamo a dei controlli che purtroppo evidenziano gravi problemi maschili che impediscono una gravidanza naturale e cosi iniziamo il percorso della pma, in particolar modo la ICSI. Il nostro primo tentativo lo facciamo dopo 9 mesi dai vari controlli fatti in un centro privato dove diamo fondo a i nostri risparmi. Il risultato è pessimo, dopo il pick up ci informano che i dei 3 ovociti recuperati non se ne è fecondato nemmeno uno. La parte più triste, dopo il risultato ottenuto, sono le parole della biologa e della dottoressa che ci seguiva: " signora dai suoi ovociti lei biologicamente sembra più vecchia della sua età (30 anni avevo al momento della prima icsi)", " questo percorso è fatto di tentativi e noi non potevamo sapere come lei avrebbe risposto alla stimolazione". Dopo tutte queste parole non me la sento di riprovare subito, mi dedico al lavoro, a me, alla nostra vita di coppia e dopo un anno e mezzo mi rivolgo ad un altro centro, pero convenzionato, dove trovo una dottoressa fantastica che mi da molta fiducia e mi fa vivere questo momento più serenamente, nonostante la paura del fallimento come donna è sempre dietro l'angolo., la paura che il mio corpo non sia capace di portare avanti una gravidanza, considerando che ho una malformazione uterina. la dottoressa mi tranquillizza e mi fa stare serena. La stimolazione procede bene e arriva il giorno del pick up pieno di tensioni ed aspettative ed ecco la sorpresa, su 8 ovociti ne vengono prelevati 5 e io ancora nn ci credo. Dopo 3 giorni siamo li per il tanto atteso transfer e finalmente arriva la biologa che ci da la notizia più bella della mia vita, si formano 3 embioni uno di 8 e uno di 10 cellule di grado A, come dice la biolga : "bellissimi, non potevamo aspettarci risultato migliore" . Da li inzia il mio periodo di riposo assoluto con divieto di uscita da parte di mia suocera e mio marito, è stato un incubo. Le prime beta positive sono state un sogno realizzato, le seconda che crescevano ancora nn ci credevo e poi dopo la prima eco è iniziato l'incubo, solo camera gestazionale senza embrione, la 2° eco camera gestazionale più grande e una nuova camera ma anch'essa senza embrione, 3° eco che ci da la certezza di due uovo ciechi, segue raschiamento e sto cercando di riprendermi, ma non è facile. sto scrivendo qui perché cerco un aiuto per superare questa situazione e riprendere la mia vita e la voglia di riprovare ad avere un bambino. grazie!
Risposta Gentile signora, la scelta della procreazione medica assistita è sicuramente difficile e può mettere di fronte ai problemi che lei segnala dettagliatamente. Sono implicati fattori organici e emotivi complessi. Le proporrei un testo che permette di approfondire il problema. Un saluto, Dr. Marco Focchi Link al testo ..., forse non era la persona adatta a me.Comunque si penso che forse dovrò rivolgermi a uno specialista anche se alla fine l'unica persona che può aiutarsi sono io, conosco i miei problemi, rispetto a tempo fa, so su cosa devo lavorare.
Da una parte rispetto al passato ho fatto notevoli passi in avanti, forse semplicemente il posto dove vivo non fa per me e non mi fa tirare fuori il meglio di me. Si la mia è una storia abbastanza complessa, un puzzle intricato, ma voglio mettere tutti i pezzi a posto. Risposta Quando dice "conosco i miei problemi" non sottovaluti che una componente non secondaria della psiche è l'inconscio, che è sottratto a quel che normalmente si sa di se stessi, anche se non cessa di far sentire le proprie esigenze. Il lavoro con uno psicoterapeuta permette uno sguardo da un punto di vista esterno, da un'altra prospettiva, che le permette di andare al di là di quel che le sembra di sapere già Forse non si è trovata bene con la persona che ha incontrato, Si può capire: la relazione psicologica è molto intima, e richiede una sorta di consonanza. Al su posto però non mi arrenderei la primo tentativo. Un saluto Dr. Marco Focchi ...Quindi alla conclusione ho lasciato tutto, ho fatto armi e bagagli e me ne sono andato all'estero, sono rientrata perché credevo di riuscire dimostrare che ce l'avrei fatta, che non era scappare la soluzione. Ma ora sono al punto di partenza, ho dato l'esame di abilitazione, ma continuo a non essere felice e confusa, non so cosa devo fare.Vedo la vita delle persone che ho vicino che va avanti, la mia no, è sempre bloccata allo stesso punto, è come essere un foglio bianco, ma ormai non sono più una bambina. Non so se sono io a essere sbagliata, forse ho troppe aspettative, forse dovrei ridimensionarmi e capire che questa è la mia vita.
Oltretutto non ho mai avuto un ragazzo, quest'estate per la prima volta mi sono innamorata veramente, di un ragazzo fantastico, siamo stati molto vicini, con lui per la prima volta mi sono sentita davvero a mio agio. Ma l'ho fatto scappare, perche' avevo paura di perderlo così sono stata totalmente sincera sui miei sentimenti, il tutto è successo troppo in fretta. Così a distanza di tempo mi trovo a starci ancora male, forse lo avevo idealizzato troppo, non lo so. Penso che il mio problema di fondo sia proprio questo la paura di essere sola, ma il continuare a non riuscire ad uscirne, in passato almeno avevo un progetto qualcosa che mi dava la forza di andare avanti, era come se studiassi per rimandare il problema. Ora sento cadere tutto a pezzi, vorrei ripartire, sento continuamente il giudizio della gente sul fatto che ho una laurea ma non la voglio sfruttare, ma cosa si vuole sfruttare in questo paese, che senso ha studiare? forse ho sbagliato tutto, so che non è tardi, che c'è sempre tempo di cambiare. E' difficile in 3000 parole spiegare cosa ci ha portato a essere quello che si è, io sono abbastanza consapevole di cosa mi far star male, la visione di quello che sono non combacia con la visione degli altri. L'aspettarsi sempre il troppo, il tempo che passa, sarà la paura di crescere? la paura di rimanere da sola? di non trovare lavoro? Cerco di essere positiva, alla fine penso e credo ci sia chi sta peggio di me, ma non sentirsi sereni e contenti, sempre dubbiosi su tutto, non aiuta, devo affrontare questo qualcosa che si è rotto, ma non so da che parte cominciare. Alla fine ho deciso di ripartire, ma sarà la vera soluzione al problema, o sarà uno semplice scappare, ad essere sincera dove ero stavo bene ho vissuto una bella favola, per la prima volta ho sorriso di cuore, ho imparato a contare solo su di me, ma non sono stata abbastanza coraggiosa, così sono tornata e la situazione è precipitata... ed ora cambio sempre idea, ogni giorno, sento il bisogno di metterci un punto. Vorrei vivere come tutte le mie coetanee avere un lavoro, gli amici (che ho) ma da cui non mi sento capita, un ragazzo (che non so se avrò mai). Ed ecco qua brevemente la mia confusione..e la mia paura. Risposta Gentile utente, lei parla di un senso di solitudine radicato in una storia complessa, che sarebbe liquidatorio affrontare in pochi consigli. Le suggerisco la lettura di un testo, di cui le allego il link, che affronta le varie dimensioni del problema, sociali, psicologiche, sanitarie. Dopodiché le suggerirei di vedere uno specialista con cui poter parlare. Un saluto, Dr. Marco Focchi Link al testo ...cercai su internet tutto sulla zanzara tigre...son salito su in cameretta e mi sono riposato un pò! mi svegliai con una puntura sul braccio...scesi giù in soggiorno a farla vedere a mio padre...solo che sono svenuto davanti a lui! i miei erano spaventatissimi...mi risvegliai e da allora ho iniziato a soffrire d'ansia con tutti i suoi sintomi! il giorno stesso mi feci accompagnare da mio padre al pronto soccorso...mi fecero l'emocromo, ECG e RX all'addome (riscontrarono stitichezza)...risultato? sano come un pesce, tranne per la carenza di potassio (ho risolto mangiando banane, e prendendo benefibra per la stitichezza, prescritta dalla mia dottoressa).
Ora come ora, sto bene solo quando dormo, perché appena mi sveglio inizio a pensare e a pensare alle zanzare...fino all'altro giorno ne ho trovata una che sono riuscito ad ammazzare con la racchetta elettronica...ma nel frattempo avevo il panico! Ho praticamente paura di essere punto di nuovo, e ho una costante paura di svenire! sto impazzendo, non so più che fare! due mesi che non esco di casa, due mesi con la fissa di chiudere le finestre e la porta d'entrata...cosa posso fare per superare questa mia fobia? esiste qualche terapia? vorrei tornare a vivere come prima senza aver paura di quelle maledette zanzare! Ho ogni giorno l'ansia...l'altro ieri sono anche andato dallo psicologo (consultorio) perché sto letteralmente impazzendo...mi ha detto che è una str*nzata! e lo so anche io...ma ho sempre questa paura! Non vorrei arrivare a coprirmi con le coperte anche d’estate! Risposta A volte una violazione dell'immagine corporea anche minima, come quella accaduta a lei, lacera un velo protettivo che scatena l'angoscia. Naturalmente il problema non è nel fattore scatenante, qui la zanzara, ma quel che sta sotto, e che andrebbe adeguatamente affrontato in una psicoterapia. Un saluto, Dr. Marco Focchi |
Per inviare domandePer inviare una tua domanda, vai a questa pagina Archivio
Maggio 2021
|