Come avvennero l'espunzione dell'omosessualità dal DSM e la nascita della terapia riparativa16/6/2013 Un esponente di primo piano della psichiatria si scusa per il sostegno alla 'cura' degli omosessuali
Il dr. Robert L. Spitzer è uno dei più importanti artefici della moderna classificazione dei disturbi mentali. Alex Di Suvero PRINCETON, NJ - Il fatto nudo e crudo è che ha commesso un errore e, a termine di una carriera lunga e rivoluzionaria, non importa quante volte abbia avuto ragione, quanto potente fosse un tempo, o che cosa questo avrebbe potuto significare per il suo lascito intellettuale. Il dr. Robert L. Spitzer, considerato da alcuni come uno dei padri della psichiatria moderna, rimase sveglio fino alle quattro di mattina sapendo di dover fare una delle cose che gli vengono meno facili. Si alzò e camminò barcollando nel buio. La scrivania gli sembrava incredibilmente lontana. Il dr. Spitzer, che compirà ottant'anni la prossima settimana, soffre del morbo di Parkinson, ha difficoltà a camminare e a sedersi, anche tenendo la testa in posizione verticale. La parola che a volte usa per descrivere questi limiti è "patetico ", ed è la stessa parola che per decenni ha brandito come un'arma per combattere le idee stupide, le teorizzazioni vuote e gli studi che sono solo spazzatura. Ora davanti al suo computer, era pronto a ritrattare uno studio che lui stesso aveva fatto, una ricerca mal formulata nel 2003 nella quale sosteneva l'opportunità di utilizzare la cosiddetta terapia riparativa per "curare" l'omosessualità in persone fortemente motivate a cambiare. Che dire? La questione del matrimonio omosessuale stava ancora una volta agitando la politica nazionale. In California si stava discutendo un disegno di legge per vietare definitivamente la terapia riparativa come pericolosa. Un giornalista che era stato sottoposto alla terapia da adolescente gli aveva recentemente fatto visita per spiegargli come l'esperienza fosse stata per lui disperatamente disorientante. Avrebbe poi saputo che un rapporto dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, pubblicato il giovedì precedente, definiva la terapia come "una grave minaccia per la salute, il benessere, e anche la vita delle persone interessate." Le dita del dottor Spitzer scattarono sui tasti del computer, inarrestabili, come schiacciassero le parole. E in un attimo fu fatto: una breve lettera da pubblicare entro il mese, nella stessa rivista in cui apparve lo studio originale. "Credo", conclude, "di dovere le mie scuse alla comunità omosessuale." Disturbatore della pace L'idea di studiare la terapia riparativa fu soltanto di Spitzer, dicono quelli che lo conoscono bene, e fu un tentativo di contrastare un'ortodossia che lui stesso aveva contribuito a creare. Alla fine del 1990, così come oggi, l'istituzione psichiatrica considerava inutile questa forma di terapia. Pochi terapeuti pensavano che omosessualità fosse una malattia. Non è però stato sempre così. Fino agli anni Settanta, il DSM aveva invece classificato l'omosessualità come una malattia, definendola un "disturbo sociopatico della personalità." Molti terapeuti proponevano un trattamento, e tra questi anche gli analisti freudiani, che a quell'epoca dominavano il campo. Il movimento degli omosessuali si era furiosamente opposto all'idea e, nel 1970, un anno dopo le proteste che ebbero luogo a Stonewall – proteste che segnano un punto di riferimento storico – per far smettere le incursioni della polizia in un bar di New York, un gruppo di manifestanti per i diritti omosessuali fece irruzione in un convegno di terapeuti comportamentali riunitisi a New York per discutere l'argomento. La riunione fu sciolta, ma non prima che un giovane professore della Columbia University si fosse seduto con i manifestanti per sentire il loro punto di vista. "Sono sempre stato attratto dalle polemiche, e quel che sentivo aveva senso", ha detto il dottor Spitzer, in un'intervista nella sua casa di Princeton la scorsa settimana. "Ho cominciato allora a pensare: bene, se si tratta di un disturbo mentale, allora cosa lo rende tale?" Paragonando l'omosessualità ad altre condizioni definite come disturbi, quali la depressione e l'alcolismo, si rese subito conto che quest'ultimo è causa di forte disagio o genera uno stato invalidante, cosa che non sempre succede con l'omosessualità. Considerò anche la possibilità di fare qualcosa al riguardo. Il dr. Spitzer era allora membro di una commissione dell'American Psychiatric Association che aveva il compito di riscrivere il DSM, e ha rapidamente organizzato un simposio per discutere la collocazione del problema dell'omosessualità. Questo ha dato il via a una serie di aspri dibattiti, che hanno portato il dr. Spitzer a scontrarsi con una coppia di autorevoli anziani psichiatri che non voleva cedere. Alla fine, l'American Psychiatric Association nel nel 1973 si schierò con il dr. Spitzer, decidendo di escludere l'omosessualità dal DSM e sostituendola con la menzione alternativa "disturbo sessuale dell'orientamento", per indicare le persone il cui orientamento sessuale, omo o etero che fosse, causava sofferenza. Nonostante la formula adottata fosse un po' arcana, l'omosessualità non era più un "disturbo". Il dr. Spitzer era riuscito in un tempo record a realizzare un importante passo avanti importante nell'affermazione dei diritti civili. "Non direi che il nome di Robert Spitzer sia diventato familiare nella base del movimento omosessuale, ma la declassificazione dell'omosessualità è stata ampiamente celebrata come una vittoria", ha detto Ronald Bayer, docente presso il Centro per la Storia e l'Etica della Salute pubblica alla Columbia University. "Alcuni giornali omosessuali titolavano: 'Non più malati'." Come conseguenza di questo, il dr. Spitzer s'incaricò del compito di aggiornare il DSM. Si mise al lavoro insieme a una collega, la dr.ssa Janet Williams, ora sua moglie. Non è stata ancora pienamente valutata l'ampiezza del suo pensiero sul tema dell'omosessualità, pensiero che ha portato una vasta riconsiderazione su ciò che è la malattia mentale, e su dove occorra tracciare la linea di confine tra ciò che è normale e ciò che non lo è. Il nuovo manuale, un volume della mole di cinquecentosessantasette pagine, pubblicato nel 1980, contro ogni previsione è diventato un best seller in America e all'estero, e ha immediatamente stabilito lo standard per i futuri manuali di psichiatria, innalzando il suo principale artefice, che si stava allora avvicinando ai cinquanta, al vertice della propria disciplina. È stato il custode del libro, in parte dirigendolo, in parte facendosene ambasciatore, e in parte sacerdote scontroso, ringhiando al telefono contro scienziati, giornalisti o politici che pensava non fossero interlocutori all'altezza. Ha assunto su di sé il ruolo come se fosse nato per questo, dicono i colleghi, per aiutare a mettere ordine in un angolo storicamente caotico della scienza. Ma il potere lo ha confinato in una sorta di isolamento. Il dr. Spitzer poteva ancora turbare la pace, è vero, ma non poteva più lavorare ai fianchi, come un ribelle. Ora era in posizione istituzionale. Alla fine del 1990, dicono gli amici, era inquieto come sempre, desideroso di sfidare i luoghi comuni. È questo il momento in cui s'imbatte in un altro gruppo di protesta, in occasione della riunione annuale dell'associazione psichiatrica tenutasi nel 1999: si tratta di un gruppo di sedicenti ex-omosessuali. Come gli omosessuali che protestavano nel 1973, anche loro erano indignati per il fatto che la psichiatria stesse negando la loro esperienza e qualsiasi terapia che potesse aiutarli. La terapia riparativa La terapia riparativa, a volte chiamata "riorientamento sessuale" o terapia di "conversione", affonda le radici nel' idea di Freud che le persone nascono bisessuali e possono muoversi in un continuum da un estremo all'altro. Alcuni terapeuti erano rimasti legati a queste idee, e il dr. Charles W. Socarides – che fu uno dei principali rivali del dr. Spitzer nel dibattito del 1973 – fondò un'organizzazione chiamata Associazione Nazionale per la Ricerca e la Terapia dell'omosessualità (National Association for Research and Therapy of Homosexuality o NARTH), nel sud della California, per promuoverle. Nel 1998 il NARTH aveva formato forti alleanze con alcuni gruppi sociali conservatori, iniziando insieme a questi un'aggressiva campagna e pubblicando annunci a tutta pagina nei principali giornali dove si esaltavano storie di successo terapeutico dell'omosessualità. "Un certo numero di persone che fondamentalmente condividevano la stessa visione del mondo si erano riunite creando i propri gruppi di esperti che offrissero prospettive politiche alternative", dice il dr. Jack Drescher, psichiatra di New York e coeditore di "La ricerca sugli ex omosessuali: analizzare lo studio di Spitzer e le sue relazioni con la scienza, la religione, la politica e la cultura ". Per il dottor Spitzer, la questione che valeva la pena di porsi sul piano scientifico era: qual è stato l'effetto della terapia, se c'è stato? Gli studi precedenti erano stati svianti e inconcludente. "Alcuni in quel momento mi hanno detto: 'Bob, ti rovini la carriera, non farlo – dice il dr. Spitzer – ma io mi sentivo invulnerabile." Reclutò così duecento persone, uomini e donne, nei centri dove si stava conducendo la terapia, tra cui l'Exodus International, con sede in Florida, e il NARTH. Fece loro prolungati colloqui telefonici, interrogandoli sulle loro pulsioni sessuali, sui sentimenti e sui comportamenti prima e dopo aver fatto la terapia, valutando le risposte su una scala. Confrontò i punteggi di questo questionario, prima e dopo la terapia. "La maggioranza dei partecipanti riferì di un cambiamento di orientamento sessuale da un orientamento prevalentemente o esclusivamente omosessuale prima della terapia, a uno prevalentemente o esclusivamente eterosessuale rilevato lo scorso anno," concluse nel suo articolo. Lo studio, presentato prima della pubblicazione in un convegno di psichiatria nel 2001, fece immediatamente sensazione, e gruppi di ex-omosessuali vi si attestarono come solida prova del loro caso. Si trattava dopo tutto del dr. Spitzer, l'uomo che agevolmente aveva eliminato l'omosessualità dal DSM. Nessuno poteva accusarlo di parzialità. Ma i leader del movimento omosessuale lo accusarono di tradimento, e avevano le loro ragioni. Lo studio incontrò seri problemi. Si basava infatti sulle sensazioni che le persone ricordavano da anni prima, ricordi spesso confusi. Includeva poi alcuni militanti del movimento degli ex-omosessuali politicamente attivi. E non metteva alla prova nessuna particolare terapia: solo la metà dei partecipanti era impegnata con un terapeuta, mentre gli altri avevano lavorato con consulenti religiosi, o da soli avevano fatto studi sulla Bibbia. Diversi colleghi, dice il dr. Spitzer, avevano cercato di fermarlo prima, pregandolo di non pubblicare lo studio. Tuttavia, fortemente investito, dopo tutto il lavoro svolto, si rivolse a un amico ed ex collaboratore, il dottor Kenneth J. Zucker, psicologo, direttore del Centro per la Salute Mentale e Dipendenze di Toronto ed editore della prestigiosa rivista Archives of Sexual Behavior. "Conoscevo Bob e la qualità del suo lavoro, e accettai di pubblicare lo studio," ha detto il Dott. Zucker in un'intervista settimana scorsa. Il lavoro non passò attraverso l'abituale processo di revisione, in cui esperti anonimi leggono e criticano un manoscritto prima della pubblicazione. "Gli dissi però – aggiunge il dr. Zucker – che lo avrei pubblicato così solo se insieme allo studio avessi pubblicato anche i commenti" di risposta di altri scienziati ". Quei commenti, con poche eccezioni, furono spietati. Uno citava il codice etico di Norimberga per denunciare lo studio come non solo distorto, ma come moralmente errato. "Siamo preoccupati per le ripercussioni che questo studio potrà avere, come un aumento della sofferenza, del pregiudizio e della discriminazione", ha concluso un gruppo di quindici ricercatori del New York State Psychiatric Institute, lo stesso Istituto di cui il dr. Spitzer era affiliato. Il dr. Spitzer nel suo studio, non aveva minimamente considerato che essere omosessuali fosse una scelta, o che chiunque volesse cambiare orientamento potesse farlo in terapia. Ma questo non ha impedito ai gruppi conservatori di citare il documento proprio a sostegno di quei punti, secondo Wayne Besen, direttore esecutivo de "La verità vince", un gruppo che lotta contro i pregiudizi contro l'omofobia. In un'occasione, secondo il dottor Drescher, un uomo politico in Finlandia impugnò in Parlamento lo studio per dar forza all'argomento contro le unioni civili. "Bisogna dire che tutte le volte che questo studio è stato strumentalizzato a fini politici per sostenere che gli omosessuali dovrebbero essere curati - ed è successo molte volte - Bob ha risposto immediatamente, correggendo le idee sbagliate", ha affermato il dottor Drescher, che è omosessuale. Ma il dottor Spitzer non poteva controllare il modo in cui il suo studio veniva interpretato da chiunque, e non riusciva a eliminare il più grave difetto scientifico, aspramente attaccato in molti dei commenti: fondarsi sulla risposta che le persone danno quando si domanda loro se hanno cambiato non costituisce una prova di reale cambiamento. Le persone mentono, per se stessi e gli altri. Cambiano continuamente le loro storie, per soddisfare le proprie esigenze e gli stati d'animo. In breve, da qualsiasi punto di vista lo studio non ha superato la prova del rigore scientifico che per tanti anni lo stesso dr. Spitzer è stato così deciso nel far rispettare . "Mentre leggevo i commenti, ho capito che questo era un problema, un grosso problema, e non ho potuto rispondere," ha detto il dr. Spitzer. "Come si fa a sapere che qualcuno è davvero cambiato?" Lasciar andare Ci sono voluti undici anni per lui per ammetterlo pubblicamente. In un primo momento si aggrappò all'idea che lo studio fosse stato esplorativo, semplicemente un tentativo di indurre gli scienziati a pensarci due volte prima di liquidare definitivamente la terapia riparativa. Poi si rifugiò nella posizione che lo studio era meno focalizzato sull'efficacia della terapia e più sul modo in cui le persone che vi erano impegnate descrivevano i cambiamenti nell'orientamento sessuale. "Forse non è una questione molto interessante – ha affermato – ma per molto tempo ho pensato che forse non avrei dovuto affrontare il problema maggiore, cioè come misurare il cambiamento." Dopo essersi ritirato nel 2003, il dr. Spitzer è rimasto attivo su molti fronti, ma lo studio sulla terapia riparativa è rimasto un punto fermo nelle polemiche culturali e una fonte di personale rammarico che non lo avrebbe lasciato. I sintomi del Parkinson sono peggiorati l'anno scorso, sfinendolo mentalmente e fisicamente, cosa che rende ancora più difficile tenere a bada i rimorsi. Un giorno di marzo, il dottor Spitzer ha ricevuto una visita. Era Gabriel Arana, un giornalista della rivista The American Prospect, che lo ha intervistato sullo studio della terapia riparativa. Non si trattava però solo di un'intervista. Gabriel Arana è stato sottoposto da adolescente alla terapia riparativa, e la sua terapeuta aveva reclutato il giovane per lo studio del dr. Spitzer (Arana non ha poi partecipato). "Gli ho chiesto un'opinione sui suoi critici, e lui ha risposto: 'Penso abbiano per lo più ragione'" ha affermato Gabriel Arana, che ha scritto della sua esperienza il mese scorso. Arana ha detto che la terapia riparativa in definitiva ha ritardato la sua accettazione di sé come omosessuale e ha indotto in lui pensieri di suicidio. "Ma nel momento in cui sono stato reclutato per lo studio del dr. Spitzer, sono stato indicato come un caso riuscito. Avrei sostenuto che stavo facendo progressi ". Così è andata. Lo studio sembrava allora una semplice nota a piè di pagina in una vita che stava ampliandosi in un capitolo. E aveva bisogno di un finale vero e proprio, una decisa correzione, proveniente direttamente dal suo autore, non da un giornalista o da un collega. Una bozza della lettera è già trapelata online ed è stata riferita. "Sa, è il mio unico rimpianto, l'unico sul piano professionale," ha detto dello studio il dr. Spitzer alla fine di una lunga intervista. "E penso che, nella storia della psichiatria, non ho mai visto uno scienziato scrivere la lettera dicendo che i dati c'erano tutti, ma che erano stati totalmente fraintesi, e che lo ammettesse scusandosi con i lettori ". Ha distolto poi lo sguardo, con gli occhi confusi dall'emozione: "Questo è qualcosa, non crede?" Fonte: New York Times del 18 maggio 2012
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Eroi dell'incertezza Stiamo vivendo in un'epoca empirica. I risultati intellettuali più impressionanti sono stati raggiunti nella fisica e nella biologia, e questi campi hanno stabilito un peculiare modello di credibilità. di David Brooks Per essere figure autorevoli, bisogna essere disinvoltamente scientifici. Bisogna possedere un arcano corpo di competenze tecniche. Bisogna che la propria mente sia uno strumento neutro, in grado di elaborare complessi dati quantificabili. Gli studiosi che operano nel campo delle scienze umane hanno cercato di mimare questo modello d'autorità. L'American Psychiatric Association per esempio, ha appena pubblicato la quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi mentali. Si tratta del manuale di base nel settore. Definisce tutte le malattie mentali note. Determina norme stabili, in modo che le compagnie di assicurazione possano riconoscere le varie diagnosi e sentirsi tranquille con i farmaci prescritti per trattare i disturbi che queste definiscono. Le recenti edizioni del manuale trasmettono un'impressionante aura di autorità scientifica. Trattano le malattie mentali come malattie cardiache o del fegato. Danno l'impressione che si dovrebbe andare dallo psichiatra perché questi dispone di un ampio corpo di conoscenze tecniche che gli permetterà di risolvere tutti i nostri problemi. Con la loro austera neutralità, fanno pensare che gli psichiatri trattino metodicamente dei sintomi, non delle persone. Il problema è che le scienze del comportamento, come la psichiatria, non sono davvero scienze, sono scienze a metà. La realtà di base che descrivono non presenta le stesse regolarità che presenta, per esempio, la realtà del sistema solare. Come hanno notato molti critici del manuale, gli psichiatri usano termini come "disturbo mentale" o "comportamento normale", ma non c'è accordo su cosa significhino questi concetti. Se si considerano le definizioni che psichiatri abitualmente utilizzano per descrivere i vari disturbi, si nota che contengono termini vaghi che sarebbero inaccettabili in qualsiasi forma d'analisi scientifica attuale: termini come "eccessivo", "abbuffata", "ansioso" Le malattie mentali non si spiegano nello stesso modo in cui si spiegano per esempio le epatopatie, cioè come patologie organiche, riguardanti il corpo, i suoi tessuti e le sue cellule. I ricercatori sanno spiegare la struttura sottostante di pochissimi disturbi mentali. Quel che gli psichiatri definiscono come malattia è di solito solo un'etichetta per un gruppo di sintomi. Come scrive nel suo libro Salvare la normalità l'eminente psichiatra Allen Frances, un termine come schizofrenia può essere considerato un'utile costruzione, non una malattia: "Si tratta della descrizione di un particolare insieme di problemi psichiatrici, non una spiegazione della loro causa". I fenomeni psichiatrici sono inoltre notoriamente di natura proteiforme. I farmaci sembrano inizialmente funzionare, ma poi non fanno più nulla. La mente è un cosmo irregolare, e per questo motivo la psichiatria non è stata in grado di fare i rapidi progressi che sono normali in fisica e in biologia. Così si è espresso sullo Washington Post all'inizio di quest'anno Martin Seligman, già presidente dell'American Psychological Association: "Mi sono reso conto che i farmaci sono una terapia deludente e che offrono ai malati di mente poco più aiuto di quanto non facessero venticinque anni fa, nonostante i miliardi di dollari versati per finanziare la ricerca ". Tutto questo non significa un giudizio di condanna per chi lavora nel campo della salute mentale. Al contrario, queste persone sono eroi che alleviano la più elusiva di tutte le sofferenze, anche se sono sopraffatte dalla complessità e dalla variabilità dei problemi cui sono confrontati. Vorrei solo poterli ritrarre come realmente sono. Gli psichiatri non sono eroi della scienza. Sono eroi dell'incertezza, e lavorano con l'improvvisazione, con la conoscenza di cui dispongono e con l'arte che riescono a mettere in pratica per migliorare la vita delle persone. Il campo della psichiatria è migliore nella pratica che nella teoria. I migliori psichiatri non sono austeri tecnici, come li presenta la versione ufficiale del manuale; uniscono competenza tecnica e conoscenza personale. Sono audaci nell'adattare le cose e nell'arrangiarsi nei modi più fantasiosi che non con il rigore scientifico. I migliori psichiatri non sono cresciuti con regole astratte che omogeneizzano i trattamenti. Combinano piuttosto una consapevolezza dei modelli comuni con un'acuta attenzione alle circostanze specifiche di un essere umano nella sua unicità. Certo non si mettono a inventare nuove malattie per medicalizzare i modesti disturbi di chi, stando bene, è solo preoccupato. Se gli autori del manuale di psichiatria volessero inventare una nuova malattia, dovrebbero aggiungere nel loro manuale la diagnosi di Invidia della Fisica. Il desiderio di imitare le scienze rigorose ha distorto l'economia, l'educazione, le scienze politiche, la psichiatria e altri campi di studio del comportamento. Ha portato gli studiosi di questi settori a rivendicare più conoscenza di quel che si può avere. Ha svalutato un certo tipo di mentalità ibrida che è più adatto a questo tipo di problemi, la mentalità che ha un piede nel mondo della scienza e uno nelle arti liberali, e che permette di coordinare molteplici punti di vista sul comportamento umano. Ippocrate osservò una volta, "È più importante sapere che tipo di persona ha una malattia, che non sapere che tipo di malattia una persona ha." Questo vale certamente per le scienze del comportamento e per le decisioni politiche in generale, anche se oggi è una verità che viene spesso trascurata. Fonte: New York Times del 27. 05. 2013 Hollywood si mobilita per sradicare lo stigma della malattia mentale
Glenn Close e Bradley Cooper conducono la campagna a sostegno di un'iniziativa della Casa Bianca Eva Saiz, Washington, 7 giugno 2013 Oggi Glenn Close non avrebbe recitato nello stesso modo nel ruolo di Alex Foster, la vendicativa protagonista del film Attrazione fatale, una delle sue interpretazioni più indimenticabili. Le diagnosi ricevute da sua sorella e da sua nipote, rispettivamente di disturbo bipolare e di disturbo schizo-affettivo, hanno cambiato il suo modo di considerare la malattia mentale e di trattare con i malati di mente. Il ruolo del giovane bipolare ne Il lato positivo, con il quale Bradley Cooper ha vinto una nomination all'Oscar come miglior attore, ha invece risvegliato in lui la volontà di contrastare l'isolamento e l'incomprensione che colpiscono coloro che soffrono di questi disturbi. Entrambe le star sostengono l'iniziativa del governo degli Stati Uniti a favore della prevenzione e della diagnosi di queste malattie, volta a por fine allo stigma che bolla chi ne soffre. I due attori hanno manifestato il loro impegno in questo senso la scorsa settimana durante il Congresso sulla Salute Mentale che si è tenuto alla Casa Bianca. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha qui sostenuto che il suo obiettivo è di far sapere alle persone affette da disturbi mentali che "non sono sole". L'evento ha avuto luogo nel quadro della battaglia ingaggiata da Obama per il controllo delle armi da fuoco, dopo la strage di Newtown, avvenuta il 14 novembre scorso, e perpetrata da Adam Lance, un giovane di vent'anni diagnosticato come disturbo bipolare. Gleen Close e Bradkley Cooper non sono i soli rappresentanti di Hollywood che sostengono il programma della Casa Bianca. Demi Lovato e Cher sono tra le altre star che hanno registrato messaggi video per raccontare il loro rapporto con la malattia mentale, video che sono disponibili sul sito web mentalhealth.gov. Bradley Cooper è già stato ricevuto alla Casa Bianca all'inizio dell'anno per discutere i problemi dei disturbi psichiatrici. Ha incontrato il vicepresidente americano Joe Biden e ha risposto alle domande di varie persone da tempo affette dalla malattia mentale. L'attore ha denunciato l'equivoco che aleggia intorno alle persone con diagnosi di disturbo bipolare. "Sono persone fortemente stigmatizzate. Non è un problema facile da affrontare. Si tratta di una condizione che, se non viene diagnosticata in tempo, si complica. Spero quindi che un film come quello che ho girato renda più facile parlare apertamente di questa malattia ", ha detto l'attore. Il ruolo di Bradley Cooper nel film lo ha reso consapevole dell'isolamento sociale vissuto dai malati di mente. L'esperienza familiare di Glenn Close ha prodotto in lei lo stesso effetto di sensibilizzazione. Dal 2009, l'attrice è in prima linea nella sua fondazione, Bring Change 2 Mind, una ONG che ha la finalità a combattere la discriminazione associata ai disturbi psichiatrici. Gleen Close è anche la narratrice in un documentario trasmesso qualche settimana fa dalla televisione americana, Cambiare mentalità: basta con lo stigma sulla malattia. "Il mondo dello spettacolo deve assumersi la responsabilità di comunicare in modo preciso e adeguato su questo problema", ha detto l'attrice in un'intervista al Daily News, in occasione della sua visita alla Casa Bianca. Gleen Close si rimprovera il fatto che Attrazione fatale non presentasse il suo personaggio come una donna affetta da un disturbo psichiatrico. La sua dichiarazione è stata ripresa a Hollywood. Lo Entertainment Industries Council (EIC), e i Servizi di Salute Mentale della California, hanno promosso una serie di seminari per spiegare agli attori, agli sceneggiatori, ai produttori, agli studi cinematografici e televisivi e ai dirigenti come trattare in modo adeguato il problema dei disturbi psichiatrici. "Ritrarre in modo inadeguato personaggi con problemi mentali può accrescere la confusione sull'argomento e favorire la discriminazione", ha affermato Brian Dyak, Presidente della EIC, in un'intervista al The Hollywood Reporter . Fonte: El Pais PSICOFARMACI E PSICHIATRIA INVADONO LA SCUOLA
Silvio De Fanti – Vicepresidente del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani Onlus www.ccdu.org Aumento esponenziale del consumo di psicofarmaci sui bambini: un esempio di applicazione delle teorie psichiatriche che saranno promosse all’imminente congresso mondiale di Milano sull’ADHD Merano. Recentemente abbiamo ricevuto la sconvolgente segnalazione di alcuni genitori di Merano, preoccupati del rapporto molto stretto tra il reparto di psichiatria infantile e le scuole elementari. Infatti parecchi bambini si recano regolarmente all’ospedale di Merano per essere “aiutati” nelle loro difficoltà e spesso la psichiatra presiede alle riunioni degli insegnanti e detta o addirittura “impone” il percorso del bambino. La situazione è talmente grave che un genitore ha persino presentato un reclamo al garante della privacy e un esposto all’ordine dei medici sulla dr.ssa Donatella Arcangeli, primario del reparto di neuropsichiatria infantile di Merano. Abbiamo anche incaricato l’avvocato Francesco Miraglia del foro di Modena, che già in passato aveva fatto si che il figlio sottratto ingiustamente perché secondo gli psichiatri “non riusciva a essere emotivamente vicino al figlio” venisse restituito al padre, di valutare la necessità di inoltrare un esposto alla Procura di Bolzano. E purtroppo i risultati di una breve investigazione sull’area di Merano sono molto preoccupanti, tanto che informeremo le autorità competenti, in primis l’Assessore alla Salute di Merano. Ma veniamo ai fatti. Secondo la lettera di questo papà, i bambini delle scuole elementari frequentano [una specie di] doposcuola in un piano dell’ospedale di Merano, proprio sopra il reparto di neuropsichiatria infantile, a volte all’insaputa dei genitori. Infatti secondo questo genitore: «C’è una chiara commistione tra la neuropsichiatria infantile e il “doposcuola”. Per esempio nel caso di mio figlio la dott.ssa Arcangeli mi ha messo al corrente che […] sarebbe dotato di un’intelligenza superiore alle attuali capacità intellettive che però visto il mio rifiuto di somministrargli il Ritalin questo gli comporta degli scompensi […]. Mi chiedo come possa la dott.ssa Arcangeli fare queste affermazioni dato che non le ho dato alcun consenso di visitare mio figlio. Mi chiedo se mio figlio e gli altri bambini stiano facendo il “doposcuola” oppure non siano sottoposti a test e osservazioni da parte della neuropsichiatria infantile durante il periodo del “doposcuola” e se i genitori siano al corrente di quanto sta succedendo.» Il nostro comitato denuncia da anni la medicalizzazione della scuola e il fatto che le scuole stiano essendo trasformate in cliniche psichiatriche. Merano è certamente “all’avanguardia”: hanno “spostato la scuola” direttamente in psichiatria. E con la recente apertura del nuovo reparto di psichiatria infantile le cose non sono certo cambiate; sono solo cambiati i locali ma la commistione sembra essere ancora più stretta. Gli effetti negativi di questa politica non hanno tardato a farsi sentire. Abbiamo scoperto che Merano vanta il triste primato del maggior numero di bambini psichiatrizzati e soggetti a trattamenti con psicofarmaci d’Italia. Secondo le dichiarazioni della stessa dr.ssa Arcangeli, a Merano, un comune di soli 38.000 abitanti, nel 2010 c’erano ben 160 bambini psichiatrizzati e 40 bambini soggetti a trattamenti con potenti psicofarmaci. In questo comune i consumi di psicofarmaci nei bambini sono ben 13 volte superiori alla vicina Provincia Autonoma di Trento (con 62 bambini su 450.000 abitanti) dove è in vigore una legge che protegge i bambini dagli abusi di psicofarmaci, e ben 4 volte superiori alle cifre dei consumi di psicofarmaci nei bambini del resto d’Italia. Sottolineiamo altresì che nel corso di un colloquio, la dott.ssa Arcangeli si è vantata di avere il miglior centro italiano di riferimento per la “cura” dell’ADHD. Merano è un esempio di applicazione delle teorie psichiatriche relative all’ADHD che verranno promosse a Milano, dal 3 al 6 giugno nel 4° convegno mondiale sull’ADHD dal titolo: “"Il disturbo ADHD dall'infanzia all'età adulta". Sponsor principale del convegno: Shire AG; sponsor maggiore: Eli Lilly and Company; sponsor generali: MEDICE Arzneimittel Pütter GmbH & Co. KG, SensoDetect AB (publ), Vifor Pharma e Wisepress Ltd. A nostro avviso la situazione di Merano dimostra chiaramente come l’applicazione delle teorie e “soluzioni” che le case farmaceutiche tenteranno di imporre in questo congresso potrebbe portare a un aumento esponenziale del consumo di psicofarmaci nei bambini. Date le premesse è difficile contestare il fatto che questo convegno non sia altro che un’operazione di marketing sulla pelle dei bambini. Al convegno ci saranno centinaia di esperti, psichiatri, professori, ecc. che da anni studiano e lavorano su una malattia che lo stesso Leon Eisenberg, padre scientifico dell’ADHD, ha affermato essere “il principale esempio di malattia inventata”. Gli studi, il convegno, le terapie, i consulenti, i professionisti, ecc. vengono pagati da noi contribuenti sia direttamente sia attraverso il consumo di psicofarmaci nei bambini (dato che spesso questi farmaci sono rimborsati dal servizio sanitario). Tutti soldi che finiscono nelle casse delle case farmaceutiche in primis, e in secondo luogo di operatori, studiosi, professionisti, ecc. Il tutto per “curare” una malattia inventata. Infatti nel corso del 1° convegno Erickson di Trento del 4 e 5 maggio 2012: “I disturbi di attenzione e iperattività”, la dr.ssa Arcangeli stessa ha affermato che la parte più difficile della terapia consiste nel convincere i genitori che il loro bambino è ammalato di ADHD. Il dottor Eisenberg ci ha finalmente svelato il motivo per cui i genitori non riescono a credere agli psichiatri: è una malattia fittizia! E ammettendo per assurdo che questa malattia abbia una qualche validità, abbiamo scoperto che i potenti psicofarmaci a base di anfetamine utilizzati per “curare” i bambini non funzionano neppure. Infatti uno studio multimodale sul trattamento dei bambini con ADHD che ha monitorato ben 600 bambini statunitensi fin dagli anni ’90, ha concluso che qualsiasi “vantaggio viene perso dopo 36 mesi”. E agli effetti collaterali di questi farmaci (a volte molto gravi come il suicidio) questo studio ha aggiunto la possibilità che un utilizzo a lungo termine possa “bloccare la crescita dei bambini”. Per impedire che anche in Italia venga attivato questo assurdo sistema che assorbe miliardi di euro al solo fine di distribuire dei medicinali che distruggono e rovinano le vite di milioni di bambini, il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani ha indetto un corteo di protesta che partirà a Milano in Piazzale Damiano Chiesa alle ore 14.00 di venerdì 7 giugno. Proteggiamo i nostri bambini SPIEGEL Intervista a Jerome Kagan 'Un sostegno non sarebbe meglio delle pillole?' Docente di psicologia a Harvard, Jerome Kagan è uno dei maggiori esperti mondiali in psicologia dell’età evolutiva. In un'intervista rilasciata a SPIEGEL esprime una feroce critica all’establishment della salute mentale e all’industria farmaceutica, accusandoli di classificare abusivamente come malati mentali milioni persone solo per interesse e avidità. Jerome Kagan ha alle spalle una brillante carriera come ricercatore in psicologia. Quando tuttavia considera oggi il proprio campo, è sopraffatto dalla malinconia e dall’inquietudine. Lo paragona a una splendido antico mobile di legno: una volta, da studente, si era dato il compito di restaurarlo con i suoi colleghi. Si era portato a casa uno dei cassetti, e ha trascorso tutta la vita a intagliarlo, a sagomarlo e a levigarlo. Poi ha tentato di rimettere il cassetto nel mobile, rendendosi conto però che il mobile nel frattempo era marcito. Se c’è qualcuno che ha la competenza professionale e l'autorità morale per fare un paragone tra la psicologia e un mobile finito a marcire, questo è Kagan. Una classifica dei cento maggiori psicologi del XX ° secolo pubblicata da un gruppo di studiosi americani nel 2002 ha collocato Kagan al ventiduesimo posto, prima di Carl Jung (al ventitreesimo), il fondatore della psicologia analitica, e di Ivan Pavlov (al ventiquattresimo), scopritore del riflesso condizionato che porta il suo nome. Kagan ha studiato psicologia dello sviluppo presso l'Università di Harvard nel corso di tutta la sua carriera professionale. Ha trascorso decenni osservando come crescono i neonati e i bambini, misurandoli, saggiandone le reazioni e, dopo che hanno imparato a parlare, interrogandoli ripetutamente. Le domande principali per lui sono: Come emerge la personalità? Quali sono i fattori innati e quali si sviluppano in seguito? Che cosa fa sì che alcuni individui siano sani e altri invece si ammalino mentalmente nel corso della vita? Nella sua ricerca, Kagan ha stabilito che il modo in cui ci formiamo nell’infanzia non è irreversibile, contrariamente a quanto a lungo è stato ipotizzato. Kagan sostiene inoltre che anche i bambini che hanno subito enormi privazioni nei primi mesi di vita possono egualmente svilupparsi in modo normale, purché siano successivamente posti in ambiente favorevole. Ha egualmente studiato il modo in cui nel secondo anno di vita l’individuo programmaticamente si umanizza: il vocabolario cresce improvvisamente d’un balzo, e si sviluppano l’empatia, la sensibilità morale e la consapevolezza di sé. Ma il contributo più significativo di Kagan alla ricerca evolutiva è consistito nell’analisi del carattere innato. Ha scoperto infatti che già a quattro mesi, circa il 20% dei bambini ha reazioni ritrose di fronte a situazioni, oggetti o persone nuove. Ha definito questi bambini come "altamente reattivi" e ha osservato che tendono a svilupparsi come bambini e come adulti ansiosi. Il 40% dei bambini, quelli che chiama "bassamente reattivi", si comportano invece in modo opposto: sono rilassati, facili da curare e curiosi. Nella vita adulta poi non si lasciano turbare facilmente. Kagan avrebbe potuto dar seguito alla sua scoperta in un modo "bassamente reattivo" ritirandosi e lasciando che la successiva generazione di ricercatori ad ammirare le sue ricerche. Ha invece attaccato la sua professione nel libro recentemente pubblicato "Psicologia dello spettro: crisi nella professione e ritorno". Nel libro segnala che questa crisi ha avuto conseguenze disastrose per milioni di persone, che sono state abusivamente diagnosticate come malati mentali. SPIEGEL: Professor Kagan, ha studiato lo sviluppo dei bambini per più di cinquant’anni. In questo periodo, la loro salute mentale è migliorata o peggiorata? Kagan: Diciamo che è cambiata. Nelle famiglie più povere soprattutto, tra gli immigrati e le minoranze, i problemi di salute mentale sono aumentati. Oggettivamente parlando, gli adolescenti in questi gruppi hanno più opportunità oggi di quante ne avessero cinquant’anni fa, ma rimangono ancora ansiosi e frustrati, perché la disuguaglianza sociale è cresciuta. Il numero di casi diagnosticati come disturbi da deficit di attenzione e come depressione è cresciuto tra i poveri. SPIEGEL: Si potrebbe anche dire che è salito alle stelle. Nel 1960, i disturbi mentali erano praticamente sconosciuti tra i bambini. Oggi, fonti ufficiali affermano che un bambino su otto negli Stati Uniti ha problemi mentali. Kagan: È vero, ma ciò è dovuto soprattutto a pratiche diagnostiche sfocate (fuzzy). Torniamo indietro di cinquant’anni anni. Troviamo un bambino di sette anni che si annoia a scuola e disturba le lezioni. Allora lo si chiamava pigro. Oggi si dice che soffre di disturbo d’attenzione con iperattività, ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder). Ecco perché i numeri sono saliti alle stelle. SPIEGEL: Gli esperti parlano di 5,4 milioni di bambini americani che mostrano i tipici sintomi di ADHD. Sta dicendo che questo disturbo mentale è solo un'invenzione? Kagan: Esatto, è un'invenzione. Quando un bambino non riesce bene a scuola viene mandato da un pediatra, e il pediatra dice: "È 'l'ADHD, gli dia il Ritalin." Infatti, il 90% di questi 5,4 milioni di bambini non ha un metabolismo anomalo della dopamina. Il problema è che se c’è un farmaco a disposizione, i medici fanno la diagnosi corrispondente. SPIEGEL: La presunta crisi sanitaria tra i bambini è non quindi in realtà nient’altro che una bufala? Kagan: Potremmo fare un po’ i filosofi e chiederci: "Che cosa significa malattia mentale?" Quando si fanno colloqui con bambini e adolescenti di età compresa tra dodici e i diciannove anni, il 40% può essere classificato come ansioso o come depresso. Ma se si va a vedere più da vicino e ci si chiede quanti di loro siano gravemente compromessi da questi problemi, il numero si riduce a 8%. Descrivere ogni bambino depresso o ansioso come un malato mentale è ridicolo. Gli adolescenti sono ansiosi, è normale. Non sanno in quale università andare, la loro fidanzata o il fidanzato li hanno appena mollati. Essere tristi o ansiosi fa parte della vita, come provare rabbia o frustrazione sessuale. SPIEGEL: Che cosa significa il fatto che milioni di bambini americani siano erroneamente dichiarati malati mentali? Kagan: Beh, soprattutto significa più soldi per l'industria farmaceutica e più soldi per gli psichiatri e i ricercatori. SPIEGEL: E che cosa significa per i bambini in questione? Kagan: Per loro, è un segno che qualcosa in loro non va, e può essere debilitante. Non sono l'unico psicologo a dirlo. Ma abbiamo contro di noi una potente alleanza: le aziende farmaceutiche, che stanno facendo miliardi, e una professione che bada solo ai propri interessi. SPIEGEL: Lei ha scritto una volta di aver sofferto di irrequietezza interiore da bambino. Se fosse nato oggi, apparterrebbe al 13% dei bambini che vengono dichiarati malati mentali? Kagan: Probabilmente. A cinque anni ho iniziato a balbettare. Ma mia madre ha detto: "Non c'è niente che non va in te: la mente sta solo lavorando più in fretta della lingua.». E ho pensato: "Accidenti, che bello, sto balbettando solo perché sono così intelligente." SPIEGEL: Oltre all’ADHD, una seconda epidemia dilaga tra i bambini: la depressione. Nel 1987 un adolescente americano su quattrocento è stato trattato con antidepressivi, nel 2002 eravamo già a uno su quaranta. A partire da che età è possibile parlare di depressione nei bambini? Kagan: Non è una domanda a cui sia facile rispondere. Negli adulti la depressione comporta una grave perdita, un senso di colpa, o la sensazione di non riuscire a raggiungere l’obiettivo che si voleva perseguire. I neonati, ovviamente, non sono ancora in grado di provare queste emozioni. Ma raggiunta l'età di tre o quattro anni un bambino può sviluppare qualcosa di simile a un senso di colpa, e se perde la madre a quell'età, avrà un momento di tristezza. Così, da quel momento può verificarsi una lieve depressione. Ma la sensazione di non essere in grado di raggiungere un obiettivo fondamentale nella vita e di non vedere alternative diventa importante solo a partire dalla pubertà. Questa è anche l'età in cui l'incidenza della depressione cresce drammaticamente. SPIEGEL: Di fatto bambini sempre più piccoli sono sempre più trattati con antidepressivi. Kagan: Sì, solo perché le pillole sono disponibili. SPIEGEL: Quindi vorrebbe abolire completamente la diagnosi di depressione tra i bambini? Kagan: No, non vorrei spingermi fino a questo. Ma se una madre porta la figlia da un medico e dice che di solito la ragazza era molto più allegra di ora, il medico dovrebbe prima di tutto cercare di scoprire qual è il problema. Dovrebbe vedere la ragazza da sola, magari fare qualche test prima di prescrivere farmaci e certamente far fare un EEG. Alcuni studi dimostrano che le persone con una maggiore attività nel lobo frontale destro rispondono poco agli antidepressivi. 'Gli psichiatri dovrebbero chiedersi quali sono le cause' SPIEGEL: Uno dovrebbe aspettare per vedere se la depressione se ne va da sola? Kagan: Dipende dalle circostanze. Prendete il mio caso: Circa trentacinque anni fa, stavo lavorando a un libro che riassume un importante progetto di ricerca. Avrei voluto dire qualcosa di veramente importante, ma non mi veniva molto bene. Così sono entrato in una depressione da libro di testo. Non riuscivo più a dormire, e presentavo anche tutti gli altri criteri clinici. Ma sapevo qual era stata la causa, quindi non sono andato da uno psichiatra. E come vaa finire? Sei mesi più tardi, la depressione era passata. SPIEGEL: In un caso come questo, ha ancora senso parlare di malattia mentale? Kagan: Gli psichiatri direbbero che ero un malato mentale. Ma cos’era successo? Mi ero dato uno standard troppo alto e non ero riuscito a soddisfarlo. Così ho fatto quello che la maggior parte delle persone farebbe in questa situazione: sono andato in depressione per un po '. La maggior parte delle depressioni di questo genere saltano fuori così. Ma ci sono anche persone con una vulnerabilità genetica alla depressione, per le quali i sintomi non passano da soli. Queste persone sono cronicamente depresse, sono malate mentali. È quindi importante guardare non solo i sintomi, ma anche le cause. La psichiatria è l'unica professione medica in cui le malattie si basano solo sui sintomi. SPIEGEL: E che sembra man mano scoprire disturbi sempre nuovi. Disturbi bipolari, per esempio, che non si riscontrano quasi mai nei bambini. Oggi si dice ne soffra quasi un milione di americani di età inferiore ai diciannove anni. Kagan: Mi sembra che veramente siamo andati troppo in là. Un gruppo di medici del Massachusetts General Hospital ha iniziato a vedere ragazzi che hanno presentato malumori di tipo bipolare. Non avrebbero dovuto farlo. Ma alle case farmaceutiche è molto piaciuto, perché i farmaci contro i disturbi bipolari sono costosi. L’onda è iniziata così. È un po' come nel XV° secolo, quando la gente ha iniziato a pensare che qualcuno potesse essere posseduto dal demonio o affatturato da una strega. SPIEGEL: Sta confrontando la psichiatria moderna con la lotta contro la stregoneria nel Medioevo? Kagan: I medici fanno continuamente errori, malgrado le loro buone intenzioni. Non sono cattivi, è che possono sbagliare. Prendere Egas Moniz, che è intervenuto chirurgicamente sui lobi frontali degli schizofrenici perché pensava così di curarli. SPIEGEL: E ha ricevuto per questo il premio Nobel nel 1949. Kagan: Sì, in effetti. Nel giro di pochi anni, migliaia di schizofrenici si sono trovati con i lobi frontali tagliati, fino a quando ci si è resi conto che si è trattato di un errore terribile. Se si pensa a quante persone sono state lobotomizzate, essere classificati come bipolari è relativamente innocuo. SPIEGEL: Non è tuttavia completamente innocuo. Dopo tutto la chimica del cervello dei bambini con questa diagnosi viene sistematicamente modificata con sostanze psicoattive. Kagan: Condivido la sua insoddisfazione. Ma questa è la storia dell'umanità: quelli insediati in posizione d’autorità sono convinti di fare la cosa giusta, e danneggiano coloro che non hanno potere. SPIEGEL: Questo suona piuttosto cinico. Ci sono alternative rispetto alla possibilità di dare psicofarmaci a bambini che presentano anomalie del comportamento? Kagan: Certamente. Un sostegno per esempio. Chi riceve una diagnosi di ADHD? I bambini che non vanno bene a scuola. Non succede mai ai bambini che vanno bene. Non sarebbe meglio un sostegno invece di pillole? SPIEGEL: Ascoltandola si potrebbe avere l'impressione che le malattie mentali siano semplicemente un'invenzione dell'industria farmaceutica. Kagan: No, sarebbe un’affermazione folle. Ci sono, naturalmente, persone che soffrono di schizofrenia, che sentono la voce del bisnonno, per esempio, o che credono che i russi stiano sparando loro raggi laser negli occhi. Questi sono i malati di mente che hanno bisogno di aiuto. Una persona che acquista due auto in un solo giorno e il giorno dopo non è in grado di alzarsi dal letto ha un disturbo bipolare. E uno che non può mangiare un boccone in un ristorante perché potrebbe esserci lì gente a guardare ha una fobia sociale. Ci sono persone che, per nascita o per via ereditaria, hanno seri punti di fragilità nel sistema nervoso centrale che li predispongono alla schizofrenia, al disturbo bipolare, all’ansia sociale o al disturbo ossessivo-compulsivo. Dovremmo saper distinguere queste persone da tutti gli altri che sono ansiosi o depressi a causa della povertà, del rifiuto, della perdita o del fallimento. I sintomi possono sembrare simili, ma le cause sono completamente differenti. SPIEGEL: Ma come si possono distinguere concretamente? Kagan: Gli psichiatri dovrebbero cominciare a fare diagnosi come fanno tutti gli altri medici: dovrebbero chiedersi quali sono le cause. SPIEGEL: I problemi di cui parla non sono nuovi. Perché crede che la psichiatria sia in crisi proprio in questo momento? Kagan: È una questione di misura. Gli studi epidemiologici sostengono che una persona su quattro è malata di mente. I Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta hanno recentemente annunciato che un bambino americano su ottantotto è affetto da autismo. Questo è assurdo. Significa che gli psichiatri chiamano autistico qualsiasi bambino si trovi in difficoltà nelle relazioni sociali. Se sostenessimo che chi non può percorrere un miglio in dieci minuti ha un grave handicap motorio, ci troveremmo di fronte a un'epidemia di gravi disabilità locomotorie tra le persone anziane. Può sembrare strano, ma è esattamente quel che sta succedendo oggi nella psichiatria. SPIEGEL: Non prova vergogna a volte, all’idea di appartenere a una professione che a suo parere dichiara erroneamente malata di mente gran parte della società? Kagan: Mi sento triste, non mi vergogno ... ma forse un po’ anche mi vergogno. SPIEGEL: Più di sessant’anni fa, quando ha deciso di diventare psicologo, voleva "migliorare le condizioni sociali in modo che fossero sempre meno le persone costrette a provare vergogna per un insuccesso scolastico o per il dolore psichico della depressione", come ha detto una volta. Fino a che punto c’è riuscito? Kagan: Non molto, purtroppo, perché ho avuto l'idea sbagliata. Ho pensato che la situazione familiare fosse determinante per avere successo nella vita. Ho pensato che se avessimo potuto aiutare i genitori a svolgere meglio il loro compito, avremmo potuto risolvere molti problemi. Per questo ho scelto di diventare psicologo infantile. Non sono stato in grado di riconoscere le forze più grandi: la cultura, la condizione sociale, ma anche la neurobiologia. Ho davvero pensato che tutto si decidesse nella famiglia, e che la biologia fosse irrilevante. SPIEGEL: Si è man mano reso conto che il legame tra la madre e il bambino non è poi così importante. Kagan: Sì è vero, anche se bisogna tener presente che il ruolo della madre fino a poco tempo fa non è mai stato accentuato. Alcuni commentatori cinquecenteschi hanno anche scritto che le madri non erano adatte alla cura dei bambini: troppo emotive, troppo iperprotettive. Ma quando la borghesia è venuta alla ribalta nel XIX° secolo, le donne non avevano più bisogno di uscire per andare a lavorare. Avevano un sacco di tempo a disposizione. La società le ha così incaricate dicendo loro: “Sei tu che devi ora plasmare questo bambino." Al tempo stesso i bambini della classe media non erano più costretti a contribuire al bilancio familiare come invece i bambini di origine contadina. Non c’era più bisogno di loro e quindi correvano il rischio di sentirsi inutili. Ma quando un bambino non si sente necessario, ha bisogno di un altro segno. Così l'amore è diventato improvvisamente importante. E chi dà l'amore? Le donne. Alla fine è arrivato John Bowlby e ha romanticizzato l’attaccamento materno. SPIEGEL: Bowlby, lo psichiatra britannico, è stato uno dei padri della teoria dell'attaccamento. Ritiene che le sue ipotesi siano sbagliate? Kagan: La gente voleva risposte semplici, e aspirava a una concezione addolcita dell’umanità, soprattutto dopo gli orrori della seconda guerra mondiale. Questo si combina bene con l'idea che solo i bambini che fin dalla nascita possono riporre fiducia nelle loro madri sono in grado di condurre una vita felice. SPIEGEL: L’ansia all’idea che lasciare i figli in asili nido possa danneggiarli persiste ancora oggi. Kagan: Purtroppo, anche se abbiamo già smentito quest’idea nel 1970. C’era Nixon in quel momento, e il Congresso stava considerando l'idea di centri nazionali d’assistenza diurna. Insieme a due colleghi ho ricevuto un grosso contributo per studiare l'effetto dei luoghi di cura diurna su un gruppo di bambini. I bambini del gruppo di controllo erano invece curati a casa dalle madri. Dopo trenta mesi ci siamo resi conto che non vi era nessuna differenza tra i due gruppi. Tuttavia, ancora oggi, quarant’anni dopo, la gente sta ancora sostenendo che i centri diurni danneggiano i bambini. Nel 2012. SPIEGEL: Professor Kagan, la ringraziamo per questa conversazione. Intervista realizzata da Johann Grolle e Samiha Shafy Fonte: Der Spiegel, 2 febbraio 2012 L'effetto della crisi produce una grande incertezza
Intervista con Eric Laurent, realizzata da Pablo E. Chacon Contro le certezze universali, lo psicoanalista francese Eric Laurent rivendica la sua pratica come disgiunta dal regime di discorso attualmente dominante, quello della scienza. E mette in questione i risultati delle "soluzioni" globale al dolore di vivere, appiattite su un ottimismo mercantilista che semplicemente crea nuovi problemi e produce un'angoscia che, in assenza di orientamenti singolari, viene attenuata con farmaci, con la droga, con soluzioni immediate, compulsive, e con placebo come il consumo sfrenato e la felicità obbligatoria. Questa conversazione con Ñ digitale è stata realizzata in occasione della sua partecipazione al VIII Congresso dell'Associazione Mondiale di Psicoanalisi (AMP), che ha avuto luogo la scorsa settimana a Buenos Aires. Come è vissuta dagli analizzanti la crisi finanziaria globale, ora che sono sempre più esposti a effetti nocivi che vengono presentati come soluzioni? Sono sempre più in difficoltà, sempre più angosciati, smarriti. Direi che negli analizzanti l'"effetto crisi" provoca un'enorme incertezza. Quest'angoscia può essere ascoltata. La situazione appare fosca. Ci sono più depressi, o c'è una significativa assenza di desiderio, a seconda dei soggetti. Ma anche chi appare più animato, anche gli ipomaniacali, quelli che sfidano il feticismo circostante, sono provati. I sintomi cambiano, sono cambiati in quest'anno e mezzo? I sintomi sono quelli che conosciamo, quelli già presenti: le tossicodipendenze in genere. Tutto, o quasi tutto può trasformarsi in una dipendenza: il gioco d'azzardo, il sesso, il lavoro, e in risposta, nel discorso del padrone, c'è una maggiore volontà di controllare, di punire, di vietare, che naturalmente provoca nel soggetto una crescente volontà di distruzione. Lo si vuole proibire? Allora lo voglio ancora di più. È un fatto comune tra i giovani. Ma non solo tra loro. I giovani però, dimostrano così l'impotenza dell'Altro, la sua megalomania, e mostrano il loro modo di aggirare la punizione. Perché è altrettanto evidente la trasformazione dell'ideale di giovinezza: ora si deve raggiungere una "eterna giovinezza". È quel che viene chiamato "infantilizzazione generalizzata"? Diciamo che l'allentamento del legame sociale va insieme alla caduta delle rappresentazioni dell'autorità e dei divieti che questa implica. Sebbene Freud abbia detto che nella civiltà c'è qualcosa che non va, c'è il disagio, vi è ora un sovrappiù che invano si tenta di civilizzare, e che provoca il ritorno di una nuova volontà di godimento che è inarrestabile. Per questo motivo, che è di struttura, si producono una vigilanza e un divieto ancora maggiori. Il soggetto del tardo capitalismo, inerme, impotente, come può affrontare l'angoscia? Oggi sempre più spesso si fa ricorso all'alcol e alle droghe. Ci sono dei precedenti: c'è stato negli Stati Uniti, per un periodo del secolo scorso, il divieto di alcol, il proibizionismo. È stata una politica che ha accresciuto gli effetti del mercato nero e ha spinto i consumi. Lo stesso è accaduto per la droga: divieto, e "permissività". Poi c'è stata la guerra alla droga, che ha ottenuto l'effetto opposto a quello voluto. È una politica? Non lo escluderei. In questo momento, il farmaco è globalizzato. Appaiono nuove sostanze ogni momento, oltre alle mafie e alla diffusione delle armi a un livello senza precedenti. Lo Stato di diritto è in pericolo. Il Messico, per esempio, è sull'orlo della catastrofe. Legalizzare il consumo, non sarebbe un inizio di soluzione? Relativamente. Occorre però cambiare prospettiva. Recentemente, al vertice in Colombia, il presidente del Guatemala su questo argomento ha detto che occorrerebbe iniziare a pensare a un sistema diverso. Nello stesso modo si è poi espresso il presidente colombiano. Gli Stati Uniti infatti, concentrandosi sulla repressione di alcol e di droghe, ottengono l'effetto di sollecitare maggiormente il godimento e di spingere a una una maggiore vigilanza. Liberalizzare in modo incontrollato è però altrettanto assurdo che sognare di impedire la produzione di sostanze. A mio parere, la questione non è di liberalizzazione o di proibire in modo totale, ma di adattamento: il problema è come può essere regolata ogni sostanza per ridurre i danni agli stati, e per ridurre la gestione della poliziesca delle persone. Questo implica un calcolo politico. Tra la spinta al godimento e la sua proibizione, il problema non si risolverà con una dialettica di cui abbiamo già visto i risultati. È necessario inventare nuovi strumenti per orientarsi, anche strumenti giuridici che ci aiutino a uscire da questa falsa opposizione, che è il duplice volto della pulsione di morte. Così che cosa sta accadendo con i cosiddetti disturbi alimentari, anoressia, bulimia, obesità? Sono nella stessa serie di cui sopra. Bisogna però chiarire che questi sono mali tipici dei paesi che hanno "risolto" il problema della fame. Non si presentano infatti nelle aree dove non c'è cibo sufficiente e dove è in gioco la sopravvivenza. Quando però i problema della fame è "risolto", si vede come la pulsione orale sia indomabile. Anche qui abbiamo due facce: la restrizione o la produzione. Per il lato femminile c'è un'industria della bellezza anoressica. dall'altro lato c'è la bulimia: negli Stati Uniti, nell'arco di una generazione, è enormemente cresciuto il numero delle persone obese. I fattori sono simili e distinti al tempo stesso, e le determinazioni sono molteplici, come nel caso delle tossicomanie: distruzione del legame sociale, ansia, eccesso di zucchero, di sale, produzione di alimenti artificiale e così via. C'è anche un dato nuovo: la volontà di far sparire il tabacco. Questo va bene: limita il numero dei tumori al polmone ma, a sorpresa, ha fatto crescere il numero di casi di diabete. Perché il tabacco era un modo per controllare il peso. E il peso è un fattore determinante per il diabete. Ma non sono stati fatti prima degli studi? Alcuni medici riconoscono che questi effetti collaterali non sono stati calcolati. Il diabete ora è la causa più comune di morte nei paesi centrali. Questo non si può risolto con una proibizione: vietare lo zucchero, il tabacco, il sale, i grassi. Sono sogni, e il sonno della ragione produce mostri. Tra la spinta godimento e la proibizione si verificano delle impasse. Come risolverle? Penso occorrano soluzioni "su misura" per ogni caso. Pensare soluzioni globali, leggi universali per risolvere questa situazione, norme igieniche imposte dalle burocrazie sanitarie, è un altro sogno. È possibile però trovare per ognuno un percorso al di fuori di queste impasse, in base al particolare rapporto che si ha con il godimento. La psicoanalisi non è dappertutto. La sua dignità come pratica implica alcune forme di incompatibilità con le regole della civiltà. La psicoanalisi non inventa buone notizie. Non promette la felicità immediata. Ma la cosa più importante è che non è una scienza, e il regime del discorso dominante è quello della scienza. La psicoanalisi è una disciplina critica, che constata gli effetti della scienza. E 'il discorso che discute gli effetti della scienza sulla civiltà. E tratta i soggetti, uno per uno. Ma il punto d'arrivo della psicoanalisi è anche criticato, è spesso respinto, perché non può essere conseguito al di fuori del quadro di una cura analitica. Criticato? Rifiutato? In effetti. Per ottenere una certezza singolare occorre passare attraverso l'esperienza analitica. Questo viene spesso rifiutato. La scienza, tuttavia, non fa esperienze singolari. Presuppone la ragione, il calcolo e il lavoro. La psicoanalisi occupa un posto strano, come quello di un immigrato. L'ordine simbolico infatti, come già si sapeva, non esiste più. Ci sono solo le leggi della scienza. Ma la scienza non può spiegare tutto. La teoria del tutto non esiste. La diffusione della scienza in questo nuovo ordine, rimanda il soggetto alle sue angosce fondamentali, non sapendo come orientarvisi. E l'uscita, in questa visibile oscurità, non sembra passare attraverso le buone intenzioni, le religioni private o le sue varianti new age Fonte Rivista Consequencias LGBT + A: la vita sognata degli asessuali
di Dominique Carpentier Il 24 aprile 2013 ha avuto luogo su Internet la prima giornata degli asessuali, un movimento che negli ultimi anni, spiega Liberation, ha cercato di riunire sempre più persone che sostengono una sessualità "senza sesso". Il fenomeno merita attenzione, soprattutto da quando l'asessualità è diventata la parola d'ordine di almeno l'1% delle persone nel mondo, che si sostengono su questa nuovo tipo di identificazione. In nome del "rispetto" dovuto a ogni essere umano questa nuova denominazione vuole essere riconosciuta come un "quinto genere" (Lesbiche, Gay, Bisessuali,Transessuali più A come Asessuati) con il "diritto" di esistere a titolo della propria differenza. Ci sono dunque gli "A" come asessuali e gli "S", S per il sesso, cioè i soggetti che tentano di annodare il godimento e il desiderio, cercando di cavarsela come possono con l'equivoco. Gli A sanno bene che non c'è rapporto sessuale, e inoltre rivendicano di non credere, alla pertinenza del desiderio, a ciò che va sotto questo termine. Il desiderio è ingombrante, soprattutto nel modo in cui si esprime. La parola d'ordine del movimento è tacere sulla pulsione, che scompiglia e disturba le relazioni tra i soggetti. Questo punto è sostenuto dalla blogger e giornalista Peggy Sastre, autore di "Niente sesso. Aver voglia di non fare l'amore". La Sastre ha precisato che l'asessualità non è né l'astinenza, in senso religioso, né il rifiuto del corpo in quanto tale, ma piuttosto la rivendicazione del diritto di affermare di non avere voglia ... di fare l'amore, come sostiene il titolo del suo libro. Sono soggetti che "preferiscono di no." Una foto pubblicata per la prima giornata ufficiale degli asessuali sul sito AVA (Associazione per la Visibilità degli Asessuali) mostra una figura che indossa una maglietta con davanti la scritta "Preferisco i dolci" e dietro la bandiera del movimento con la scritta "Asessuale". Jacques Alain Miller, nel suo testo "Una fantasia" quasi dieci anni fa, ha scritto: "Il più plusgodere è salito in posizione dominante. Esso è correlativo a quel che chiamo una stato del corpo proprio e, in quanto tale, è asessuato. È al comando, ma di cosa? In effetti non comanda un "funzionamento", ma un "fallimento", che per l'appunto scriviamo $, che contrassegna il fallimento sul piano sessuale. Nulla impedisce di considerare che $ significhi: non c'è rapporto sessuale. D'atra parte la lettera S è anche l'iniziale di sesso. Questo porterebbe a dire che l'inesistenza del rapporto sessuale è diventata evidente, fino a poter essere resa esplicita, scritta, dal momento in cui l'oggetto a minuscola è salito a livello sociale. " Inventando questa comunità organizzando per rivendicare una "normalità" dell'astinenza, questa associazione, per noi lettori di J. Lacan e di J. A Miller, è un esempio di come nel mondo ipermoderno, il soggetto risponda alla domanda "Che fare del proprio corpo? ". Sul loro sito web si legge: "L'asessualità è legata a Internet: è sul forum AVEN, creato nel 2001 che i primi asessuali ha cominciato ad avere scambi, e ha cominciato a delinearsi il profilo dell'asessualità. AVEN ha ora più di 30.000 membri in tutto il mondo, di cui quasi 3.500 in Francia. Questa giornata dell'asessualità, è un'occasione per farsi sentire e per aiutare le persone che soffrono e che possono vergognarsi della loro situazione. Nella nostra società, dove una sessualità florida è legata al benessere, non "mordere la mela" può apparire incongruo o patologico. L'asessualità non è una questione di comportamenti o di pratiche, ma di desiderio." Ma di quale desiderio si tratta? Questo movimento ha oggi una certa visibilità. In un episodio del Doctor House, si vede che è il partner di una donna che dice asessuata a soffrire di una patologia cerebrale che impedisce il buon funzionamento della sua libido. È noto il cinismo del nostro dottore, ma l'episodio è comunque indice che il movimento trova ascolto. Nel numero 2099 (siamo già lì!) di "Plus belle la vie", una soap opera in prima serata in onda ogni giorno dall'agosto 2004 su un grande canale nazionale, la giornalista di Liberation cita un episodio che presenta una giovane donna asessuata. Il movimento è ormai riconosciuto. Il corpo desacralizzato, come invita a considerare Marie-Hélène Brousse, è passibile di trasformazione, di essere cambiato nelle sue parti, è sede di esperienze inedite e futuribili, il corpo diventa un oggetto ingombrante. Si tratta di '"essere" il proprio corpo, somma di componenti intercambiabili, piuttosto che di averlo, per evacuarne il desiderio, la pulsione, il carattere etero. Appellandosi alla genetica per non dover rispondere all'enigma dell'assenza di rapporto sessuale, per evacuare il godimento stesso, il soggetto si libera a dal fatto di avere un corpo (sessuato) per sostenere un godimento privato, senza altro, senza causa. Il "Forum-asexuel.fr" definisce l'asessuale come "una persona che non sente il bisogno di avere rapporti sessuali." Bisogna notare tuttavia, che in realtà, ed è piuttosto singolare, essere asessuati non impedisce, all'occasione, la possibilità di fare sesso! Questo non sembra serio! Quindi dobbiamo cercare di capire cosa propone questo movimento. Si tratta di una richiesta di "riconoscimento", che denuncia il panessualismo freudiano? Si può leggere sui blog di alcuni asessuali che si tratta di lottare contro la pubblicità sessualizzata che pervade il nostro mondo. Perché no? Si tratta inoltre di sfatare l'idea di un soggetto mosso da una libido incontrollabile, o quanto meno ingombrante. Quindi, liberiamoci della pulsione e gettiamo alle ortiche ortiche l'etero. Ci sarebbe una condizione naturale, nascere asessuali, rivendicato da alcuni A, che contraddice la psicoanalisi, semplicemente la fa scomparire. Essere asessuale è un fatto genetico, e non c'è altro da dire. Fantasma de equivoco sono semplicemente spazzati via, il genoma regola e spiega il rapporto umano, riducendo il desiderio a "ho voglia, o non ho voglia," senza mettere di mezzo una causa. Il plusgodere, come il dolce che abbiamo menzionato sopra, soddisfa il soggetto e lo rende "felice". Per indicare forte e chiaro che non si tratta di una patologia, gli asessuali si preoccupano di rivendicare un " rispetto" tradotto in un "sono così." Dobbiamo tuttavia saper individuare dietro questa assenza di costruzione teorica del movimento, un odio verso la psicoanalisi, appena velato.  Il corpo infatti viene messa da parte, come se la pulsione fosse nemica del soggetto. Il corpo si disfa della pulsione, si rende estraneo al linguaggio, al fallimento, al malinteso tra i sessi, tra parlanti. Riprendendo ancora J. A Miller: "Oggi, se la mia fantasia conduce da qualche parte - è da vedere - se questa fantasia è vera, il discorso della civiltà non è più il rovescio della psicoanalisi, è il successo della psicoanalisi. Congratulazioni! Ben fatto! Ma al tempo stesso, mette in discussione il mezzo di psicoanalisi, l'interpretazione, e la fine o anche il suo inizio. Si potrebbe dire - se si considera che il rapporto tra civiltà e psicoanalisi non è più quello tra diritto e rovescio e che il plusgodere è al posto di comando, il soggetto lavora, le identificazioni cadono sostituite dalla valutazione omogenea della capacità, mentre il sapere opera per mentire. La psicoanalisi è stata inventata per rispondere al disagio della civiltà e che la civiltà tende a sopprimere il godimento per far esistere il rapporto sessuale. Sembra sulla buona strada. Autoerotismo e eterosessualità s'incontrano, e si annullano reciprocamente. Precisando che la civiltà ipermoderna "concorre a produrre un reale che fallisce, in modo tale che che il rapporto tra i sessi diventa sempre più difficile" Miller sostiene, che l'uno da solo, è lo standard post-umano, buono a compilare i questionari per essere valutato, l'uno da solo è comandato da un plusgodere che si presenta sotto l'aspetto ansiogeno. " Siamo così invitati a cercare di cogliere questa ipermodernità che si traduce in un crescente rifiuto dell'invenzione, promosso invece dal nostro orientamento . È la nuova era degli uno da soli che si riuniscono per credere al rapporto sessile, pur denunciandolo. Gli ultimi interventi del Ministro della Sanità sul piano previsto per autismo vanno nel senso dello sradicamento della psicoanalisi a favore di metodi che isolano e segregano i soggetti. P. Sastre, scrive ancora in un articolo a proposito del film di Sophie Robert, di triste memoria: "La psicoanalisi ha toccato il fondo? " e perora la causa della scienza che secondo lei ignoreremmo. È una carica contro l'invenzione freudiana. Sembra più che mai necessario essere in sintonia con i tempi, attenti a ciò che viene detto, scritto, diffuso. Dobbiamo saper leggere il mondo in cui viviamo e saper pensare quel che ci aspetta con l'aiuto di Freud e di Lacan. Fonte: LQ n° 324 Sette mesi prima di morire, il famoso psichiatra americano Leon Eisenberg, che ha scoperto il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), ha detto che si tratta di "un esempio di malattia immaginaria".
L'affermazione, fatta dall'eminente studioso, è stata pubblicato dal settimanale tedesco Der Spiegel. I primi tentativi di spiegare l'esistenza di questo disturbo sono stati negli anni '30. I medici che allora avevano in cura bambini dal carattere irrequieto e con difficoltà di concentrazione formulavano la diagnosi di sindrome postencefalica, anche se la maggior parte di loro non era mai stato affetta da encefalite. Fu proprio Leon Eisenberg negli anni '60 a tornare a parlare del disturbo. Nel 1968 tale diagnosi fu inclusa nel "Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali " Uno dei principali risultati di Eisenberg è stato quello di convincere la comunità scientifica a credere che l'ADHD avesse cause genetiche. L'idea che il bambino sia nato già con il disturbo fa sparire il senso di colpa dei genitori e il trattamento farmacologico non viene messo in discussione. Pochi mesi prima della sua morte tuttavia, Eisenberg ha confessato che secondo lui uno psichiatra infantile dovrebbe in realtà cercare di stabilire le cause psicosociali che possono provocare determinati comportamenti. Si tratta però di un processo che richiede molto tempo, e quindi "prescrivere una pillola per l'ADHD è molto più veloce ". Accanto a queste rivelazioni è interessante menzionare un altro studio, condotto dalla psicologa americana Lisa Cosgrove. Secondo questo ricercatrice, dei 170 membri appartenenti al gruppo di lavoro del DSM, il 56% intratteneva una o più relazioni finanziarie con le aziende farmaceutiche. Fonte: RT - Actualidad/Ciencia del 25 maggio 2013 di Jamie Doward
Secondo il principale organismo che rappresenta gli psicologi clinici della Gran Bretagna non c'è nessuna prova scientifica che diagnosi psichiatriche come schizofrenia e disturbo bipolare siano valide o anche solo utili. Con una mossa dirompente, che ha già provocato una feroce reazione da parte degli psichiatri, la divisione di psicologia clinica (DCP) della British Psychological Society pubblicherà lunedì una dichiarazione dove si asserisce che data la mancanza di prove, è il momento per un "cambio di paradigma" nel modo in cui vengono considerati i problemi di salute mentale. La dichiarazione mette effettivamente in dubbio il modello biomedico predominate della psichiatria sul disagio mentale - l'idea cioè che le persone affette da problemi mentali siano curabili dai medici attraverso l'uso di farmaci. Il DCP ha affermato che la decisione di esprimersi sulla questione "riflette le sue fondamentali preoccupazioni sullo lo sviluppo, sull'impatto personale e sul nucleo di ipotesi alla base dei sistemi diagnostici", utilizzati dalla psichiatria. La dott.ssa Lucy Johnstone, psicologa clinica, una delle consulenti che hanno contribuito a redigere la dichiarazione del DCP, ha sostenuto l'inutilità del punto di vista che considera i problemi di salute mentale come malattie con cause biologiche. " Vi è ora al contrario la prova schiacciante che le persone entrano in crisi a causa di un insieme complesso di circostanze sociali e psicologiche: il lutto e la perdita affettiva, la povertà e la discriminazione, i traumi e gli abusi", ha detto la dottoressa Johnstone. La provocatoria dichiarazione del DCP è stata pensata in tempo perché uscisse poco prima della pubblicazione del DSM-5, la quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dell'Associazione psichiatrica americana per i disturbi mentali. Il manuale è stato accusato di ampliare la gamma di problemi di salute mentale che vengono classificati come disturbi. La quinta edizione del testo, che esce a due decenni di distanza dalla precedente, classificherà per esempio le manifestazioni di lutto, le crisi di collera e le preoccupazioni per il proprio stato di salute come malattie mentali collegate rispettivamente al disturbo depressivo maggiore, al disturbo disturbo nella regolazione dell'umore e al disturbo somatoforme, . Le omissioni del manuale provocano polemiche come le inclusioni. Il termine "disturbo di Asperger" non apparirà infatti nel nuovo manuale, e i suoi sintomi saranno invece classificati come "disturbo dello spettro autistico", termine di nuovo conio. Il DSM è utilizzato in diversi paesi a vari livelli. La Gran Bretagna utilizza un manuale alternativo: la classificazione internazionale delle malattie (ICD) pubblicato dall'Organizzazione mondiale della sanità, ma il DSM è tuttavia molto influente e controverso. Lo scrittore Oliver James, formatosi come psicologo clinico, ha accolto con favore la decisione del DCP di esprimersi contro le modalità di diagnosi psichiatrica, e ha sottolineato la necessità di allontanarsi da un modello biomedico di disagio mentale per muoversi verso uno che tenga conto dei fattori sociali e personali. Nell'Observer di oggi, James dichiara: "Abbiamo bisogno di cambiare in modo fondamentale l'organizzazione della nostra società per dare ai genitori migliori possibilità di andare incontro alle esigenze dei bambini e per evitare le ricadute negative nell'età adulta." Il professor Sir Simon Wessely, membro del Royal College di Psichiatria e docente di psicologia medica al King College di Londra, ha tuttavia sostenuto che è un errore affermare che la psichiatria si è concentrata esclusivamente sulle cause biologiche del disagio mentale. In un articolo dell'Observer asserisce inoltre che è indispensabile creare sistemi di classificazione per i disturbi mentali. "Un sistema di classificazione è come una mappa", spiega Wessely. "E proprio come ogni mappa è provvisorio, pronto per essere modificato man mano che il paesaggio cambia. Lo stesso vale per la classificazione dei disturbi mentali." Fonte: The Observer, 12 maggio 2013 di Allen Frances
Le organizzazioni più accreditate per rappresentare gli interessiI dei professionisti della salute mentale e dei pazienti attualmente non rendono loro un buon servizio. È iniziato un periodo davvero insensato, in cui le assurdità proposte dall'American Psychiatric Association, l'Istituto Nazionale di Salute Mentale e la British Psychological Society entrano in conflitto tra loro. Maggio, evidentemente, è il mese più crudele per la salute mentale. Tutto è iniziato con l'offerta da parte del DSM-5 delle sue nuove e infondate diagnosi, che etichetteranno in modo fuorviante milioni di persone che stanno bene ma sono un po' preoccupate in malati mentali, trasformando l'attuale inflazione diagnostica in iperinflazione, e distogliendo l'attenzione e le risorse dalle persone che hanno davvero bisogno di aiuto. L'Istituto Nazionale per la Salute Mentale ha poi incautamente considerato non valide tutte le diagnosi basaste sulle sindromi DSM. L'Istituto però non ha oggi nulla da offrire al loro posto se non la promessa, sopravvalutata e irrealizzabile, di un futuro modello della malattia mentale strettamente biologico che richiederà decenni perché venga messo a punto - ammesso e non concesso che possa essere realizzato. Nonostante la sua denominazione, l'Istituto Nazionale per la Salute mentale sembra aver perso ogni interesse per lo stato attuale di salute mentale dei pazienti che, negli Stati Uniti, subiscono i draconiani tagli di bilancio e soffrono di un sistema di cura completamente disorganizzato . La British Psychological Society ha ora imboccato la propria via agli di atteggiamenti estremisti, proponendo un donchisciottesco cambio di paradigma, spostandosi dall'idea che il cervello abbia alcunché a che vedere con la malattia mentale o che la schizofrenia e il disturbo bipolare siano concetti in qualche modo utili. L'idea proposta è che invece che come problemi di salute mentale questi disturbi debbano essere inquadrati in primo luogo in termini psicologici e sociali. Questa è una follia del tipo Alice attraverso lo specchio. Il riduzionismo biologico dell'Istituto Nazionale per la Salute Mentale trova un assurdo riflesso nel riduzionismo psico-sociale della British Psychological Society . I dirigenti responsabili di potenti organizzazioni dovrebbero avere idee migliori che non quella che malattie mentali complesse possano essere ridotte a risposte semplificative e riduzioniste. Abbiamo bisogno di un modello di malattia mentale attento agli aspetti biologici, a quelli psicologici, e a quelli sociali. Abbiamo bisogno di persone responsabili che rispondano agli attuali bisogni insoddisfatti dei pazienti - che non si lascino incantare da grandi progetti utopici proiettati in un lontano futuro e che si interessino ai problemi urgenti posti dal presente. Il DSM-5, l'Istituto Nazionale per la salute Mentale, e la British Psychological Society hanno tutti commesso errori dello stesso tipo: hanno tutti promesso prematuramente un grandioso cambiamento di paradigma che non è neppure lontanamente possibile. I cambiamenti di paradigma emergono dalle nuove scoperte scientifiche, non da dichiarazioni che risultano essere mere spacconate, per quanto ben intenzionate. I pazienti e gli operatori sono ridotti a essere gli effetti collaterali di questa polemica ridicola. I pazienti che hanno bisogno di aiuto possono anche perdere fiducia in un Istituto di Salute Mentale che sembra essere così confuso e così confusivo. Gli operatori in genere sono persone modeste e competenti e meritano una guida diversa, che non sia così arrogante e maldestra. È giunto il momento di avere in mente una precisa domanda quando si preparano manuali diagnostici o quando si fanno affermazioni sulla malattia mentale, destinate a essere ampiamente diffuse: "Quel che diciamo potrà favorire o potrà ostacolare l'accesso dei nostri pazienti a cure di qualità? Il mio appello all'American Psychiatric Association, all'Istituto Nazionale di Salute Mentale, e alla British Psychological Society è che ci risparmino le vuote promesse di cambiamenti prematuri di paradigma e che invece ci aiutino a prenderci cura dei nostri pazienti. Allen Frances è un professore emerito alla Duke University ed è stato il presidente della task force del DSM-IV. Fonte: Huffington Post del 25 maggio 20131 |
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